di Sophie Centulani 2A
In occasione dell’otto marzo, la Giornata Internazionale della donna, ho deciso di parlare del caso di Lea Garofalo, una donna con un senso di giustizia molto forte e tanto coraggio, che purtroppo è stata vittima di femminicidio. Considero Lea una donna straordinaria per la sua determinazione a denunciare il suo carnefice a costo della vita e credo che la sua storia si presti perfettamente a rappresentare questa giornata che ricorda la lotta per i diritti delle donne e tutte le vittime che sono morte per garantire a noi questi diritti.
Lea Garofalo è nata il 24 aprile 1974 a Petilia Policastro, in provincia di Crotone, in Calabria, ed è stata una testimone di giustizia.
Ha deciso di testimoniare sulle faide interne tra la sua famiglia e quella del suo ex compagno, Carlo Cosco, per questo è stata sottoposta a protezione dal 2002.
Lea è stata interrogata dal Pubblico Ministero Antimafia Salvatore Dolce, al quale ha riferito dell'attività di spaccio di sostanze stupefacenti condotta dai fratelli Cosco e dell'omicidio di Floriano Garofalo, per il quale ha incolpato il suo cognato, Giuseppe, e l'ex convivente, Carlo Cosco, fornendo anche il movente.
Nel 2006 è stata espulsa dal programma di protezione perché la testimonianza data non era stata significativa, e perciò è stata ritenuta collaboratrice non attendibile.
Lea allora ha deciso di consultare prima il TAR e poi il Consiglio di Stato e nel 2007 è stata riammessa al programma. Nell'aprile del 2009, però, ha deciso all'improvviso di ritornare a Petilia Policastro, dove ha riallacciato i rapporti con l'ex compagno Carlo Cosco.
Il 5 maggio del 2009 si è presentato a casa sua Massimo Sabatino, giunto lì per rapire e uccidere Lea Garofalo. Lei però è riuscita a sfuggire all'agguato grazie all'intervento della figlia Denise e ha riferito tutto ai carabinieri, ipotizzando il coinvolgimento dell'ex compagno.
Il 20 novembre del 2009 Carlo Cosco ha convocato Lea a Milano, con la scusa di voler parlare del futuro della figlia. La sera del 24 Novembre, in un momento nel quale Lea era sola, Carlo l'ha condotta in un appartamento che si era fatto prestare con lo scopo di ucciderla. Ad attenderli in casa c'era Vito Cosco, detto "Sergio". Lì Lea Garofalo è stata uccisa e il suo cadavere è stato successivamente portato a San Fruttuoso, un quartiere di Monza, da Carmine Venturino, Rosario Curcio e Massimo Sabatino.
In quel luogo è stato poi carbonizzato.
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