giovedì 20 giugno 2019

RELAZIONE SULL’ESPERIENZA AL BINARIO 21 E LA MOSTRA SU TERZIN

La mattina del 22 gennaio 2019, più precisamente alle 7:15, ci siamo riuniti davanti alla palestra, in attesa del bus privato che ci avrebbe portato alla Stazione Centrale di Milano. Dopo un abbondante quarto d’ora passato al freddo e al gelo, la nostra pazienza è stata ripagata dalla veduta del mezzo di trasporto tanto atteso.
Una volta giunti al Memoriale del Binario 21, ho subito capito meglio come avvenivano le deportazioni. Le sfortunate persone venivano condotte in un’area che inizialmente era utilizzata per il trasporto merci ( posta). Per non destare sospetti il vagone dei deportati veniva sollevato da un montacarichi e attaccato alla locomotiva. Quell’entrata segreta era rimasta tale fino a quando Liliana Segre, un’ebrea italiana sopravvissuta, non ha raccontato la sua storia. E’ lei, infatti, che ha voluto la costruzione del Memoriale. Afferma che le atrocità della Seconda Guerra Mondiale sono avvenute perché a molte persone non importava ciò che stava accadendo: rimanevano indifferenti.
Questo spiega il motivo della scritta “ Indifferenza” all’interno del Memoriale. Rappresenta quindi una sorta di monito per ricordare che i colpevoli non sono solo nazisti e fascisti, ma anche le persone che potevano fare qualcosa e non l’hanno fatto.
Liliana Segre è una persona molto importante anche dal punto di vista storico, perché era presente anche quando sono state fatte le leggi razziali nel 1938 (che le negarono la possibilità di andare a scuola), ha sperimentato sia quello che significa essere deportata sia l’orrore dei campi.
Dopo la vista al Memoriale abbiamo iniziato il progetto su Terezin (un argomento sempre inerente alla Shoah), che si è concretizzato in una mostra al Centro Congressi Medioevo il 7 febbraio.
Divisa in due parti, inizialmente 6 dei nostri compagni hanno parlato di Terezin dal punto di vista storico e in seguito gli altri ( me compreso) si sono dedicati alla lettura e alla spiegazione di alcune tra le molte poesie scritte dai bambini del ghetto ( tutto questo si è ripetuto due volte sia  per la 2^A sia per la 1^A).
Per prepararci all’esposizione finale ci siamo documentati in modo approfondito dal punto di storico sull’origine del ghetto, le condizioni di vita, alcune testimonianze lasciate dai bambini e dagli insegnanti.
Inizialmente Terezin aveva la funzione  di città fortezza contro i prussiani. La fece costruire Giuseppe II d’Asburgo nel 1780 e la dedicò a Maria Teresa, sua madre. La fortezza si trova in Cecoslovacchia ed è divisa da un fiume in Fortezza Grande e Fortezza Piccola. Nella prima alloggiavano i soldati, mentre nella seconda venivano rinchiusi i prigionieri pericolosi, come Gavrilo Princip, l’artefice dell’attentato che fece scoppiare la Prima Guerra Mondiale.
Passiamo ora al ruolo che Terezin occupò nella Seconda Guerra Mondiale.
I nazisti la trasformarono in un ghetto dove rinchiudere gli ebrei della Cecoslovacchia. Successivamente, nel 1942, decisero di trasformarlo in un ghetto modello, destinato a ospitare persone con una certa rilevanza tra i cittadini. I deportati cominciarono ad aumentare in modo esponenziale, tant’è che da 28.000 passarono a 149.000 circa.
In quel luogo non c’era la benché minima privacy, le persone dormivano sul pavimento lurido, ricevevano cibo immangiabile, lavoravano fino a 12 ore al giorno.
I bambini venivano separati dagli adulti e a loro volta divisi tra maschi e femmine. Erano organizzati in gruppi ( Zimmergemeinshaft) e affidati ad adulti che si offrivano spontaneamente per questo compito. Anche se fare scuola ai bambini era severamente vietato, in molti di loro sembrava davvero morta la voglia di vivere e per far sì che questo non succedesse, gli insegnanti mettevano a rischio la propria vita per insegnare ai bambini del ghetto. Riscrivevano i libri di testo a memoria, facevano imparare i fondamenti della matematica, della grammatica, dell’ arte, della musica e del teatro. Si trattava di infondere passione e ottimismo piuttosto che far apprendere sterili nozioni. Perché educare non significa riempire un secchio ma accendere un fuoco: una verità enunciata dal filosofo francese Montaigne, applicata dai maestri del ghetto e tuttora attuale.
Alcuni insegnanti erano  Friedl Dicker Brandeis, un’artista che aiutava i bambini a superare la vita nel ghetto facendoli disegnare, Valtr Eisinger, che fece appassionare i suoi “ studenti” alla letteratura e alla poesia.
Le  composizioni venivano scritte per sfogarsi e per lasciar briglia sciolta ai sentimenti. Tra le 66 poesie, quella che mi ha coinvolto maggiormente è stata “ La Rosa”, il cui autore è sconosciuto. Si tratta di un testo breve, intenso e dal significato relativamente oscuro. Protagonista è una rosa, descritta tramite un’antitesi, come “ appassita/ vigorosa”. Un fiore sta morendo lentamente, probabile metafora della vita nel ghetto, ma emana un profumo raro e stupendo, simbolo di resistenza, speranza e forza dei ricordi per continuare a vivere. I bambini di Terezin creavano e nascondevano le loro creazioni come un seme, un tesoro, un testamento. In un certo senso il dramma della Shoah e le loro lacrime sono giunte a noi tramite colori e parole, impregnando la nostra memoria e superando pertanto il limite della morte. 

Daniel Bernasconi Classe 3^A

venerdì 7 giugno 2019

VISITA A MANTOVA, TRA ARTE E NATURA


L’undici maggio noi alunni delle classi 2^E e 2^D siamo andati a Mantova per una visita d’istruzione.
Dopo un viaggio tranquillo trascorso parlando del più e del meno, siamo arrivati a destinazione.
Ci siamo diretti immediatamente a Palazzo Ducale, dove abbiamo raggiunto la Camera degli Sposi, capolavoro del Rinascimento, attraverso un’ampia scalinata destinata un tempo al passaggio dei cavalli. Questa preziosa stanza è stata affrescata da Mantegna, e contiene degli affreschi raffiguranti la celebrazione politica e dinastica dei Gonzaga.
 Il tour è proseguito con la visita di numerose stanze del Castello, tra cui quella dedicata all’astrologia. Prima del pranzo, la guida ci ha accompagnato nel borgo antico e si è soffermata in particolare a descrivere la Casa del Mercante. Dopo il pranzo al sacco la giornata è proseguita con un rilassante viaggio in traghetto sul fiume Mincio, passando per le sue valli ricche di vegetazione. Poi, rientrati in città e  gustato un buon gelato, siamo ripartiti per Olgiate Comasco.

Francesco Forlani, 2^E.

giovedì 6 giugno 2019

LA CELEBRAZIONE DEL 25 APRILE, FESTA DELLA LIBERAZIONE

Il 25 Aprile 2019 si è celebrato il 74° anniversario della Liberazione. Con il CCR ho partecipato alla cerimonia che è iniziata con l’inno d’Italia e la presentazione delle diverse autorità presenti. Successivamente il sindaco Simone Moretti ha fatto un discorso sulla fratellanza fra i popoli. Poi è intervenuto il Sig. Ernesto Maltecca, un partigiano di 96 anni, l’ultimo superstite della 52° brigata Garibaldi contro il Nazi-Fascismo, che ha parlato della giornata del 25 Aprile.
Sono poi intervenuti anche gli studenti del Liceo Terragni di Olgiate Comasco che hanno presentato questa giornata dal punto di vista storico… Eccone una sintesi:
La Seconda Guerra Mondiale è scoppiata il 1 settembre 1939 e vide contrapposti gli Stati appartenenti al Patto d’Acciaio: Giappone, Italia, Germania ed Austria, e gli Alleati: Usa, Francia, Inghilterra e Urss. Un ruolo importante fu svolto anche dai partigiani: piccoli gruppi antifascisti, non appartenenti ad un esercito convenzionale. Erano costituiti da uomini e donne. Quest’ultime durante il fascismo si occuparono principalmente della casa, dei figli, ma nei gruppi partigiani ebbero ruoli diversi: denuncia dei fascisti, portatrici di armi e munizioni, scioperi, staffette per le informazioni.
Tra le donne partigiane si ricordano:
- Agata Pallai (08/06/1916)
Nata a Reggio Emilia, faceva parte della brigata Nero-Verdi-Cattolico, sfornava pane per le tante persone presenti nella canonica del fratello prete. Successivamente divenne una staffetta.
- Lidia Menapace (03/04/1924)
Nata a Novara, tenente partigiano ed ora senatrice a vita. Racconta che in guerra per sopravvivere occorrono: prudenza, furbizia e intelligenza.
Nella nostra zona invece si sono distinti fra i partigiani:
- Emilio Galli (1945) Viveva a Guanzate.
In quel periodo le cascine erano utilizzate come luoghi di raccolta e basi sia per partigiani che per i tedeschi. Un giorno la cascina tedesca “Loc” venne incendiata dai partigiani. I tedeschi e i fascisti infuriati per l’accaduto catturarono due giovani partigiani: Luigi Clerici ed Elio Zampiero, li torturarono e li uccisero in piazza davanti a tutti. Clerici morì subito, mentre Zampiero viene sotterrato ancora vivo. Sul finire della guerra le maestre “guanzatesi” che insegnavano gli ideali fascisti vennero umiliate e punite con la rasatura a zero dei capelli e tinte di rosso per impedire la crescita.
- Emilio Quarenzi
Nato a Cadorago. Si trasferì per lavoro in Germania, partecipò alla costruzione delle ferrovie. Durante i bombardamenti si nascondeva nei boschi, mentre i tedeschi nei bunker.
Tornando a casa si fermò a Verona, Milano e Como.
La Cerimonia si è poi conclusa con la canzone “Bella Ciao”, il ringraziamento per la partecipazione a tutti ed infine un minuto di silenzio per i caduti.

Simone Testa IIA


L'ORTO SCOLASTICO

La nostra esperienza botanica è iniziata il 3 di Maggio.
I primi lavori eseguiti sono stati la pulizia del terreno e la successiva vangatura.
Abbiamo inizialmente piantato le prime piantine scelte tra quelle che si potevano piantare visto il tempo metereologico poco favorevole.
A distanza di giorni, con l'arrivo del sole, abbiamo trapiantato anche tutte le altre.
Il nostro orto ad oggi è composto da:
- insalate    - cipolle    - melanzane        - fagiolini
- pomodori    - cetrioli    - zucchine        - spinaci
- fragole    - lamponi    - carote        - peperoncini

ha inoltre alcune aromatiche:
- origano    - timo        - basilico        - borragine
- aneto        - menta    - rosmarino

In aggiunta al nostro progetto, pensando ai nostri compagni delle classi terze, abbiamo deciso di regalare loro una piantina da orto che consegneremo negli utlimi giorni di scuola come saluto e augurio per il futuro.
Per preparare le piantine per tutti i ragazzi abbiamo preso dei vasetti e inserito in alcuni dei semi e in altri direttamente delle piccole piantine.
Abbiamo fatto una selezione tra: santoreggia, menta, rucola, basilico, piantine grasse, fregole e zucchine gialle.
Ringraziamo tutti i ragazzi che hanno collaborato portando varie piantine, l'azienda Ortoflor che ci ha donato parte delle essenze e la Professoressa Rossini che ci ha permesso di vivere questa bella esperienza.
Il nostro progetto "orto scolastico" non terminerà con la fine delle lezioni scolastiche ma dovrà essere seguito anche nel periodo estivo, organizzando dei turni per l'innaffiatura e la pulizia necessaria per ottenere un buon risultato.
Tutti troveranno "l'orto scolastico" al rientro dalle vacanze speriamo in buona salute!

Irene Porrazzo IIA







USCITA DIDATTICA PRESSO IL CENTRO DI ORIENTAMENTO EDUCATIVO DI BARZIO - SAMUELA

Samuela è una ragazza che vive in un paesino in provincia di Lecco. Ha un viso piccolo a forma di cuore. Ha una capigliatura lunga, porta i capelli sciolti e spettinati di color castano scuro. Ha la fronte alta e piccola, le labbra sono sottili e di color rosa pallido; la sua carnagione è nivea. I suoi occhi sono piccoli e di un castano chiaro spento, a volte appaiono immobili per lo stupore alla vista delle nostre azioni. Il naso richiama il profilo greco, cioè è piccolo e a punta, con minuscole narici. La bocca è larga e piccola. E’ di struttura media e la corporatura è magra. Samuela è molto simpatica e vivace, ha un buon senso dell’umorismo e ci ha accolto in un modo molto rispettoso. Ha una voce graffiante e acuta, spiegava in modo fluido; le mani sono piccole e paffute, con unghie corte. Il giorno della gita indossava un cappotto marroncino e peloso, dei jeans, delle scarpe da ginnastica e portava degli occhiali quadrati piccoli. Durante lo spettacolo aveva un mantello colorato e un particolare copricapo africano.

Testo creato da Erica Velceva, Giulia Feola, Mohamed Janah
IF

LA DESCRIZIONE DI RAYMOND

Raymond è nato in Africa, nello stato del Congo più di 30 anni fa. E' una persona molto alta e robusta. Il suo volto ha una forma regolare e su di esso è sempre stampato un bel sorriso. Ha un'espressione vivace e accogliente. Ha una fronte abbastanza alta e distesa, ha pochi capelli, ma lui dice di avere una "bellissima chioma bionda". I suoi occhi hanno un colore tendente al marrone - cioccolato ed esprimono vivacità e curiosità. All'inizio della nostra visita ha indossato una veste e un copricapo tipici dell'Africa: la veste arrivava fino alle caviglie e le braccia erano coperte. Sia la veste che il copricapo erano caratterizzati da alcune strisce arancioni, rosse, nere e bianche; sulle strisce più grandi, quelle arancioni, erano raffigurati dei disegni che rappresentavano dei volti. Nella parte centrale, di colore bianco, erano rappresentati dei disegni simili a gocce e sul copricapo si trovava una striscia verde. Poi si è cambiato e ha indossato una giacca blu - notte, una felpa di colore azzurro - scuro e dei jeans. Raymond è una persona molto simpatica, che trasmette allegria, è sicuro di sé ed è accogliente. Ha un modo di porsi con le persone che ci è piaciuto molto perché non incute timore, anzi, la sua bocca, come gli occhi, esprimono allegria. Secondo noi, Raymond è una persona da cui prendere esempio perché trasmette molta allegria.

Testo creato da: Serena Quaranta, Anass Souaidi, Noemi Calanni e Fatou Diongue.
CLASSE IF

mercoledì 5 giugno 2019

GLI STRUMENTI MUSICALI DELLE TRIBU' AFRICANE

A Barzio, nella struttura del COE, abbiamo visto gli strumenti musicali delle tribù africane, fatti per la maggior parte in legno e di diverse misure. Questi strumenti hanno una cavità nella parte inferiore che serve per far risuonare la vibrazione. Nella parte superiore sono ricoperti di pelle di animale che fa variare il suono in base alla tensione e per questo produce un gran boato.
C’è un tipo di tamburo che si mette a tracolla e viene suonato come se fosse una chitarra. Esso è fatto da una zucca vuota e da cordicelle ricavate dai tendini degli animali.
Gli strumenti sono decorati con delle conchiglie e rappresentano i momenti più belli della vita. C’è anche lo xilofono che è formato da piccole assi di legno tutte allineate che formano un tavolino. Sotto a queste assi ci sono delle zucche di diverse dimensioni che diffondono suoni diversi quando vengono colpite.
Ci sono le maracas, fatte di bambù, che possono avere diverse forme e all’interno contengono dei tappi che producono il suono.
C’è uno strumento chiamato “bastone della pioggia” che produce il suono attraverso sassolini e pezzetti di legno che quando si muovono imitano il rumore delle gocce che cadono.
Infine c’è uno strumento che si lega alle caviglie, ai polsi e al busto, muovendosi produce suono. E’ costituito da un pezzo di legno da cui partono delle corde su cui sono attaccate delle conchiglie di uguale dimensione.

CLASSE IF