venerdì 27 marzo 2020

Raccontiamoci una storia - I RACCONTI

L'OMBRA DEL NULLA di Ilaria, Lisa e Alice - 2'D

Caos. E’ proprio questo di cui parleremo; questa storia parla di come, una sola persona, purché insignificante, possa cambiare tutto.
Naya. Un luogo che non aveva più un futuro, abitato da creature senza passato, dove tutto era nulla ed il Nulla non aveva un padrone, almeno così si credeva. Ma partiamo dal principio.
Libertà, solo quello gli importava.
Quindici anni, quindici lunghissimi anni di quella che definiva prigionia nell’orfanotrofio in cui era cresciuto, senza poter decidere nulla della propria vita. La rabbia e il rancore l’avevano plasmato, in lui vi era solo il vago ricordo del bambino che era un tempo, sempre che fosse stato felice allora. La frustrazione e l’odio si facevano via via più nitidi dentro di sé ogni volta che si faceva sopraffare da quella parte di lui nascosta nel profondo della sua anima, sempre che ne avesse una. I suoi pensieri vennero improvvisamente interrotti dalle grida di alcuni abitanti terrorizzati che cercavano di sfuggire al Nulla, ma niente poteva sfuggirgli, perché appena esso li avesse sfiorati sarebbero svaniti nel vento. Intanto una voce si faceva strada a Naya, era la sua voce, quella del Nulla, che diceva tutto e niente. Lui la sentiva: era sempre più vicina, le parole gli arrivavano chiare da sempre, dal primo giorno in cui quella disgrazia si era abbattuta sulla sua città.
Will si guardò allo specchio: i capelli dorati gli ricadevano sul viso e coprivano la cicatrice che gli aveva sottratto la vista da un occhio; voleva coprire quella parte di sé che non aveva mai mostrato e non aveva intenzione di mostrare. Guardando il suo riflesso non riusciva a pensare ad altro se non a quanto si sentisse terribilmente solo. Ma era sempre stato così: anche quando era piccolo, era stato obbligato ad allontanarsi dagli altri per via del suo problema: era un lupo mannaro. Ormai era abituato a non avere nessuno, ma, delle volte, si chiedeva perché tutto quello fosse capitato proprio a lui, il suo unico desiderio era vivere una vita normale ma sapeva bene che non era possibile.
Passarono alcuni giorni, il Nulla continuava a seminare terrore e Will si sentiva sempre peggio: tra pochi giorni ci sarebbe stata la luna piena e quello era il momento peggiore. Quando diventava un lupo mannaro non poteva controllarsi e, una volta tornato normale non ricordava ciò che aveva compiuto, la cicatrice sull'occhio ne era la prova: non aveva idea di come se la fosse procurata, eppure era lì. Inoltre, era impossibile resistere all’impulso irrefrenabile di attaccare qualcuno, avrebbe attaccato chiunque egli avesse incontrato, senza fare alcuna differenza.
Ad un certo punto il ragazzo sentì una rabbia incontrollabile trafiggerlo e poi, di colpo, il Nulla risucchiò l’intero villaggio. Era molto strano, lui sentiva l'impulso di attaccare e il Nulla attaccava, lui era triste e solo e il Nulla lasciava tristezza e solitudine. Will capì... Era lui, era lui a controllare il Nulla, era lui la causa di tutto quello. Guardò la collina su cui una volta vi era stato il villaggio e decise di partire, allontanandosi da tutto e da tutti: non aveva intenzione di arrecare altri danni agli altri. Iniziò a correre disperatamente verso la foresta. In pochi minuti arrivò ai margini di essa e si sedette su una roccia a riflettere sull’accaduto e su quanto scoperto.
-Felicità, è questo di cui hai bisogno-         
Sussurrò una voce flebile proveniente da vicino. Will si girò verso il punto da cui sembrava provenire e notò una giovane ragazza dai capelli rossi avvolta in un mantello verde acqua. Teneva il cappuccio calato sugli occhi, il che rendeva impossibile al ragazzo di riconoscerla.
- Io ti posso insegnare la felicità, ma tu dovrai fidarti di me-
- E come so che posso fidarmi di te…-
Chiese il ragazzo, ma lei lo interruppe
- Appunto, devi fidarti!-
 Detto ciò la ragazza misteriosa si sedette su un tronco abbattuto, pensierosa,
-Il Nulla è come un’anima senza corpo che si nutre delle tue emozioni, sono queste che lo controllano, bada: le emozioni del lupo, non quelle del ragazzo che sei ora... perciò l'unica soluzione è quella di reprimere il lupo che c'è in te-
La giovane insegnò a Will come reprimere la rabbia e svuotare la mente. Il lupo mannaro non doveva assolutamente venire a galla durante la missione! Gli spiegò tattiche per gestire la rabbia e metodi per pensare sempre positivo. Sembrava che tutto stesse andando bene: il ragazzo stava cercando di imparare ad essere felice, anche se con qualche difficoltà. Ma la sua non sembrava felicità pura, sembrava qualcosa più simile ad un’emozione sconosciuta, a volte i sorrisi parevano più delle smorfie… Quando lo notava Talia, così si chiamava la ragazza, pensava che le persone non potevano essere felici da un giorno all’altro, almeno non del tutto, soprattutto dopo quindici anni.
Il piano era questo: Will sarebbe andato davanti al Nulla concentrandosi sulla felicità, svuotando i pensieri ed eliminando la rabbia da se stesso. Niente li poteva fermare: avrebbero sconfitto quella forza che stava distruggendo Naya!
Ma in tutta la frenesia dei tre giorni che aveva passato con la ragazza, Will aveva dimenticato di essere un lupo mannaro. Infatti, una sera, mentre passeggiava per la foresta, le nuvole che offuscavano il cielo si spostarono mostrando una luna piena che sembrava essere più luminosa che mai. Se si fosse trasformato avrebbe mandato all'aria tutti i piani e sarebbe stata la fine: il Nulla avrebbe trionfato. Will cercò di resistere alla luna, ci provò con tutte le sue forze ma fu inutile, quella sfera luminosa era troppo potente e impossibile da sopraffare. Un attimo dopo il ragazzo si stava trasformando in una creatura che difficilmente avrebbe sconfitto quel male che stava facendo svanire tutto senza lasciare altro che paura e tenebre. Talia arrivò correndo: aveva un brutto presentimento, anche se l’amico non le aveva detto niente sapeva che c'era qualcosa. Quando si fermò lo chiamò:
- Will, dove sei? Will!-
Poi scorse qualcosa muoversi tra le foglie, ma non fece in tempo a dire una sola parola che un terribile lupo bianco la stava assalendo.
-Will, resisti! Devi combattere, non darla vinta al Nulla! -
Gli gridò lei cercando di farlo tornare in sé. Riuscì a liberarsi dalla stretta del lupo ed indietreggiò cercando di rimanergli lontana il più possibile;
-Posso cavarmela in due modi...-
Pensò.
-Posso aspettare che finisca l’effetto della luna piena...oppure... -
Si guardò intorno, se avesse aspettato non ci sarebbe stato tempo per sconfiggere il Nulla, così andò verso il lupo e gli parlò cautamente:
-Will io confido in te! Ce la puoi fare, hai imparato a reprimere la rabbia, adesso reprimi quella malvagia creatura che c'è in te-.
L'animale la fissò attentamente e dopo molti sforzi il lupo sparì, lasciando al suo posto un giovane ansimante.
-Ce l'hai fatta, sono fiera di te!-
Disse con gli occhi che, sotto il cappuccio del mantello, le luccicavano dalla gioia.
Forse fu proprio la voce di lei a dargli la forza e il coraggio per continuare nell'impresa, fatto sta che Will cominciò a correre al villaggio: aveva sconfitto la parte di sé che più odiava, in confronto il Nulla gli sembrava una bazzecola! Forse esagerava, perché, arrivato sul posto, provò una sensazione decisamente nuova, simile alla paura…
-Non fermarti Will, io credo in te!-
Gli sussurrò una vocina.
-Ricorda tutto quello che ti ho insegnato, sii raggiante, splendi come il sole!-
A quelle parole il ragazzo si sentì veramente felice dopo quindici anni. Sorrise.
-Non ho paura di te!-
Gridò avanzando verso la collina.
-Sono felice ora! Non farai più paura a nessuno!-
Il Nulla a quelle parole disse sghignazzando:
-Vedremo per quanto ancora avrai quel sorrisino stampato in volto-
Il ragazzo era pronto ad affrontarlo ma... non aveva armi!
-Pensa Will, pensa!-
Continuava a ripetere; dopo qualche istante arrivò alla soluzione: poteva sconfiggerlo soltanto mettendo in pratica gli insegnamenti di Talia, la sua arma era la felicità! Doveva sorridere, pensare a tutto ciò che lo rendeva gioioso… nella sua mente erano impressi tutti i ricordi più belli, ovvero i momenti passati con lei, con la ragazza che finalmente aveva capito di amare e, senza neppure accorgersi, in quel momento nella sua mano apparve una spada dorata su cui era inciso il suo nome
-Che gioia!-
Finalmente si sentiva speciale, e non avrebbe permesso al Nulla di rovinare tutto.
Si fece coraggio, tese il braccio impugnando saldamente la spada e corse incontro al Nulla; dopo essere arrivato all’altezza desiderata lo trafisse direttamente nel cuore, il punto nel quale teneva rinchiuse tutte le emozioni delle quali si era nutrito. Era finita; aveva vinto.
Il Nulla era scomparso definitivamente svanendo nell’aria in un alone grigio; lasciando cadere a terra un bracciale formato da zaffiri, i quali nel suo paese simboleggiavano la vita, la rinascita. Guardò la collina: le case e gli abitanti stavano ricomparendo; Naya era tornata.
-Ce l’hai fatta!-
Esultò alle sue spalle una flebile voce, la voce di Talia.
-S-sì... ce l’ho fatta ed è tutto grazie a te!-
Disse commosso Will mentre delle lacrime di gioia gli rigavano il viso. Non era sicuro di cosa stesse per succedere, ma era più che certo di ciò che provava in quel momento: amore, un incontrollato amore.  Era un vero e unico miracolo: fino a cinque giorni prima aveva provato solo rabbia, tristezza e dolore e ora, invece, era più felice che mai!
-Questa ti appartiene...-
Disse Will dando il bracciale a Talia, poi fece per metterglielo ma lei indietreggiò.
-Non credo che sia una buona idea!-
- Ma perchè? Talia, tu sei molto speciale per me, e voglio che tutto il mondo lo sappia: quando vedranno il bracciale capiranno ciò che provo per te ed allora condivideranno la mia gioia!-
Dopo aver visto quanto Will ci tenesse, Talia si fece mettere il bracciale. Aveva un'immensa paura di ciò che poteva succedere… temeva un suo bacio ma allo stesso tempo lo desiderava…
Poi, d'un tratto, le loro labbra si toccarono; fu un momento speciale, come le persone che ne erano protagoniste.
Quando i due si separarono, lui le tolse il cappuccio; i loro sguardi si incrociarono per la prima ed ultima volta, gli occhi di entrambi luccicavano come stelle, ma nemmeno il tempo di sorriderle che lei sparì in una nuvola di fumo. In un solo istante tutti i suoi sogni e le sue certezze si erano infranti, la ragazza che amava era appena scomparsa davanti a lui era triste certo, ma capì che doveva andare avanti, per lei, per Talia. Aveva appena sconfitto il male, la malinconia, non poteva certo far finire tutto così in fretta! Doveva combattere contro le sue emozioni solo così si sarebbe sentito meglio, solo in quel modo non avrebbe reso gli sforzi di Talia vani. Solo una cosa non gli era del tutto chiara, non capiva perché lei non gli avesse mai detto nulla, perché aveva deciso di aiutarlo? E perché era uscita dalla sua vita silenziosamente, proprio come ci era entrata. Si sedette a terra e continuò a farsi domande al riguardo. Poi, ad un certo punto, un'idea lo illuminò. Era più un'ipotesi, qualcosa di cui non fosse realmente sicuro… Forse Talia, era stata come la raffigurazione della letizia e della pace, venuta dal profondo del suo cuore, pronta ad aiutarlo e a renderlo felice, sconfiggendo l’amarezza e lo sconforto.
Non scoprì mai la verità, ma quando gli tornava in mente Talia preferiva pensare che fosse come aveva ipotizzato lui.

Raccontiamoci una storia - I RACCONTI

I SOGNI NON SEMPRE TI LASCIANO ANDARE, di Riccardo - 1'B

Qual è il modo migliore per iniziare una storia? Secondo me il modo migliore è nei sogni, perché lì tutto può accadere, poi il protagonista si sveglia e la storia incomincia, ma non nel caso del nostro sfortunato protagonista, Jeff. Jeff non si sveglierà mai dal suo sogno, ma ora capiamo il perché …
Jeff era un ragazzino normale, aveva una routine e la rispettava, si svegliava, andava a scuola, studiava, tornava, faceva i compiti e dormiva (sembrava un robot). Ma ormai da un mese o due quando si addormentava faceva sogni insoliti: sognava un altro mondo fatto di caramelle e dolciumi, castelli e fortezze, principi e principesse, ma soprattutto persone, tante e tante persone che gli chiedevano aiuto, che gli parlavano di cose che lui non capiva: per esempio parlavano di mandracole che sbranavano persone, continui attacchi ai villaggi da parte di dei demoni e altre cose …
Lui era costantemente spaventato da questi sogni e lui e sua madre visitarono vari psicologi ma tutti non riuscivano a capire l’origine di questi sogni; fin quando un giorno non si stancò, quella notte sognò un anziano signore che gli chiedeva aiuto perché il suo gregge di unicorni era stato divorato da un Verme di Lambton enorme. In quei sogni non aveva mai provato a parlare, ma quella notte provò a dire: << cos’è un Verme di Lambton?!?>> subito percepì un forte dolore alla testa e svenne (sì, svenne nel sogno) e si risvegliò sdraiato sotto un ciliegio, ma le sue ciliegie avevano gambe occhi e bocca. La ciliegia parlò << Finalmente ti sei svegliato, mi chiamo Alara piacere di conoscerti>>. Jeff si spaventò a morte e si ritrasse <<che cosa sei??>>, la ciliegina sembrava molto sorpresa di questa domanda e quindi rispose: <<ti ho chiesto come ti chiami>>. Jeff era sotto shock quindi non rispose, ma continuò a fare domande << dove mi trovo??>>. Udite queste domande la ciliegia capì tutto <<oh mamma mia tu sei il salvatore, quello che, secondo la profezia, sarebbe piombato qui e, senza sapere un fico secco di questo posto, ci avrebbe salvati tutti!!>>.  Ad Alara piaceva un sacco parlare, a Jeff invece non piaceva affatto (specialmente non in questa situazione) e la ciliegia gli spiegò tutto, ma, con molti giri di parole e aneddoti inutili alla storia. E, visto che non ho tutto il giorno ve lo spiego io dove è capitato Jeff: a quanto pare Jeff è il prescelto, che è stato chiamato nella terra di Fide per sconfiggere i demoni, ma in particolare il loro “capo” che nessuno aveva mai visto.
Quando Jeff si fu quasi, e sottolineo QUASI, calmato chiese: <<e io come faccio a sconfiggere il capo dei demoni?>>. A quelle parole la ciliegina, per la prima volta in tutta questa storia, si mise a riflettere: <<Beh con gli amici che ti farai riuscirai a fare sicuramente qualcosa, poi ti basta usare i tuoi poteri distruttivi …>> <<quali poteri distruttivi??>>. A quel punto, se prima Jeff era quasi convinto di essere il prescelto ora non lo era neanche lontanamente. <<Io non ho poteri distruttivi>>… <<Oh invece sì, eccome se ce li hai!>> La ciliegia era sicura di ciò che stava dicendo <<I poteri distruttivi sorgeranno quando ne avrai bisogno>> <<mmmm>> Jeff non ne era troppo sicuro, ma non aveva altra scelta che ascoltare Alara. In breve, Alara lo convinse a reclutare un esercito e quindi lo portò in città. Alara poi si era messa a strillare fortissimo e Jeff non si era mai sentito così in imbarazzo <<IL PRESCELTO È QUI! UDITE UDITE! IL PRESCELTO È QUI A FIDE, CHE QUALCHE ANIMA BUONA LO AIUTI NELLA SUA STRADA … >>. Accorsero, in ordine, una guardia di nome Carl, che voleva capire cosa fosse il frastuono proveniente dal palazzo del re, e che, visto Jeff, volle aiutarlo, poi una pastorella di nome Mary che portava con sé il capo migliore del suo gregge: un unicorno!!!!! La ciliegina Alara li condusse all’ingresso di una caverna, quando, però trovarono un demone …  Era nero e fatto di carbone; nessuno, incluso Jeff, voleva parlare co lui, ma, prima che si potesse dire qualunque cosa, Alara si rivolse a lui ed in un batter di ciglio lui era già diventato loro amico. Incuriosito, Jeff gli chiese <<Ehi, ciao cosa ti è successo?>> ed il demone (che si chiamava Finn) rispose: <<il nostro capo Mr. D mi ha cacciato, dicendo che non brillavo abbastanza e così mi sonno messo a piangere ed ho pianto così tanto che mi sono spento…>>. Una volta entrati nella grotta, i nostri avventurieri trovarono un altro demone, diverso da Finn, che fece loro un indovinello!
Insolito, ma fu così.  <<Avete sette tentativi: cos’è che corre, ma non ha le gambe, che ha il letto, ma non dorme??>>. Mentre tutti riflettevano, Alara attaccò a parlare << Un cammello? Un canguro? Una Gorgone? Un unicorno? Una bomba? Una ciliegia?>> Prima che potesse finire tutti i tentativi, Jeff la fermò e chiese: <<Qualcuno ha idee??>>. Carl tentò: << è il fiume, corre ma non ha le gambe, ha il letto, ma non riposa mai … giusto???>>. Il demone sorrise e disse: <<Esatto, complimenti!! Potete passare>>. I cinque (compreso l’unicorno) andarono avanti e trovarono una sala enorme. Finn disse <<È li. Dietro quella porta c’è Mr. D>>. Aprirono la porta e… videro un enorme demone per metà parte Husk (zombie in qualche modo bruciato e rovinato, di un rango maggiore al semplice zombie) e … ingaggiarono una battaglia con lui. Vi risparmio tutti i dettagli ma le parti più belle sono state quando l’unicorno tirò a Mr. D un calcio in faccia e quando Jeff usò i suoi “poteri distruttivi” rompendo il terreno con un pugno. Dopo un’estenuante lotta, vinsero la battaglia, e Jeff chiese alla ciliegina se secondo la profezia lui sarebbe uscito dalla terra di Fide. Ma Alara scosse la testa. Jeff era un po' deluso, ma accettò la cosa. Passarono gli anni e la sua amicizia con Alara divenne amore, quindi visitarono una maga molto potente che trasformò Alara in una ragazza alta e bellissima. Jeff divenne famosissimo ma, non voleva essere disturbato, quindi visse sotto mentite spoglie. Quindi se oggi avete voglia di fargli visita nella terra di Fide dovete andare a cercare la famiglia di Jack.

martedì 24 marzo 2020

Raccontiamoci una storia - I RACCONTI

ALICE E L’ALBERO DEI DESIDERI di Désirée - 1'B

C’era una volta una bella ragazza di nome Alice, viveva in una cittadina del mondo dello specchio, insieme alla sua famiglia. La ragazza era costretta a stare barricata in casa, con porte e finestre chiuse con dei pezzi di legno, a causa di una grave malattia che infettava tutti giovani e vecchi, causava la pietrificazione. Alice, decise di partire, voleva trovare un antidoto. I suoi genitori la implorarono di non partire, non volevano perderla. Alice però non ascoltava le persone che volevano fermare le sue idee, quindi partì. La ragazza camminò chilometri e chilometri, cominciava a sentire i piedi pesanti, gli si stavano pietrificando, però tenne duro e continuò a camminare. La ragazza era diretta a casa Brown che aveva conosciuto grazie a Linda, sua grande amica. La signora e il signor Brown erano dei maghi. La giovane arrivò, i Brown le aprirono e la accolsero con amore. Alice disse “Ho bisogno di voi, devo trovare l’antidoto a questa malattia,” i Brown rimasero stupefatti e dopo qualche secondo di sguardi la signora parlò “noi non sappiamo molto, però io so che nel mondo degli alberi c’è un albero di ciliegio, con solo cinque foglie, e ogni foglia coperta da un velo si chiama…” fece una smorfia e poi continuò “albero dei desideri” e poi disse “la leggenda narra che milioni di anni fa un ragazzo che aveva la ragazza in pericolo di vita dalla rabbia cominciò a strappare tutte le foglie dell’albero davanti a casa sua. Quando rimasero cinque foglie il ragazzo si mise a piangere e appoggiato all’albero urlò “fatela vivere, fatela vivere”. La ragazza qualche giorno dopo guarì, e da lì nacque l’albero dei desideri.” e finì con "dovrai andare lì, trovare il libro dei desideri e lì ci saranno scritte tutte le istruzioni per esprimere il tuo desiderio." La ragazza annuì, abbracciò i signori, li ringraziò e mentre se ne stava andando Linda la fermò e le disse “Ali, non ti voglio perdere, vengo con te.” Poi guardò i genitori che annuirono, e dopo averli salutati sperando che non fosse l’ultima volta le ragazze uscirono dalla porta e partirono. Camminarono e anche Linda cominciò a sentirsi i piedi pietrificati. Le ragazze dopo otto giorni e sette notti arrivarono al mondo degli alberi. Girarono un po’, e finalmente arrivarono al ciliegio. Alice e Linda si guardarono intorno e cercarono il libro di cui aveva parlato la signora. Lo trovarono con poca fatica e insieme lo aprirono. Le ragazze lessero per un'ora circa e poi lo chiusero. Si guardarono e decisero di esprimere il loro desiderio quindi cominciarono "oh albero dei desideri, cinque foglie, cinque veli, un desiderio noi abbiamo e te lo diciamo" poi si fermarono, visto che nel libro c'era scritto che se l'albero ondulava dopo la filastrocca si poteva dire il desiderio. Prima che l'albero potesse muoversi, davanti a loro si piazzò un'ombra, aveva dei lineamenti flosci, di corporature minuta, con un copricapo dalle sembianze dei classici cappelli da strega. Le ragazze impaurite dissero "chi sei, e soprattutto da dove sei venuta" la strega da quel che si capiva sghignazzò e rispose "io sono la strega del ciliegio, non tutti sono degni di esprimere il proprio desiderio, e non tutti lo realizzerebbero ad ogni costo, vi lascerò una piccola lettera, la leggerete e dopo se accettate i requisiti mi chiamate oppure ve ne andate". La strega lasciò cadere ciò che più che una lettera era una pergamena, e non fecero in tempo ad aprire bocca che la strega era già sparita. Le due lessero la lettera e accettarono di superare le prove. Alice cominciò a urlare "strega, strega". La vecchia arrivò e disse "cosa urli, ci sento, non sono mica sorda", la ragazza ridendo si scusò e la strega continuò "allora... avete accettato i requisiti, bene. Dovrete superare cinque prove, e ad ogni prova superata formerete una foglia e se formerete tutte le foglie potrete esprimere il vostro desiderio, nessuno ci è mai riuscito". Le ragazze non erano per nulla spaventate e decisero di continuare. La strega rise e rispose "va bene, cominciamo con la prima prova" le ragazze si guardarono, si strinsero la mano e accettarono di cominciare. La vecchia disse "allora... dovrete scavare per 10 metri completamente a mano libera, con gli occhi bendati, avete un'ora, accettate?" le ragazze accettarono senza pensarci due volte. La strega se ne andò e il loro lavoro cominciò. Sapevano che non potevano riuscirci e mentre stavano per arrendersi un piccolo castoro si piazzò davanti alle due ragazze e disse "ciao, io sono Casty, Casty il castoro, cosa ci fate voi qua? dalle vostre sembianze umane sembrate provenienti dal mondo dello specchio, giusto?" Alice rispose "beh sì veniamo dal mondo dello specchio, e siamo venute perché volevamo esprimere un desiderio ma dobbiamo superare cinque prove e già la prima è impossibile", Casty sorrise e rispose "ah, avete già incontrato Amelia" Alice rispose perplessa "Amelia? noi abbiamo incontrato solo una strega invisibile", il castoro con sguardo spensierato disse "Amelia è la strega" si batté la zampa sulla fronte e continuò "però questo non dovevo dirvelo... dimenticate il nome, dimenticate tutto" la giovane pensierosa chiese "perché non potevi dirlo?" Casty rispose "la strega è invisibile e nessuno deve sapere la sua vera identità. Però io ve l'ho detto, e se lei lo viene a sapere mi ammazza, quindi non dite nulla, intesi?" Le ragazze annuirono e Casty disse "comunque... parlatemi di questa prima prova, magari posso aiutarvi" le ragazze si guardarono e stavolta parlò Linda "dobbiamo scavare dieci metri, a mano libera, con una benda e ormai abbiamo solo cinquanta minuti" Casty sorrise e disse "okay, okay ci penso io". Casty si mise nel punto in cui le ragazze avrebbero dovuto scavare e con i suoi grandi incisivi cominciò a scavare e in due minuti finì di scavare. Le due ragazze erano stupefatte e prima che potessero parlare, il castoro disse "sono un castoro, ci potevate arrivare. Comunque, la prova è stata superata e non c'è più motivo di preoccuparvi, ora rilassatevi. Dall'aspetto che avete posso intuire che non dormite da una settimana". Alice rispose "ma come hai fatto? Hai indovinato perfettamente da quanto non dormiamo" e lui felice rispose "non solo castoro, anche mago". Casty se ne andò e le due ragazze rimasero sole, si addormentarono all'ombra dell'albero. Vennero svegliate da un urlo, ma quando aprirono gli occhi non c'era nessuno, pensarono subito alla strega e infatti dopo l'urlo si sentì “che fate, dormite? allora il vostro desiderio non lo volete proprio realizzare, al posto di lavorare dormite", Alice aprì gli occhi e si alzò mentre Linda rimase seduta a guardare. La ragazza disse “abbiamo scavato e visto che avanzava tempo abbiamo riposato un po'". La strega stupefatta e perplessa disse "avete scavato, e vi è avanzato tempo? ma è impossibile!" A quel punto anche Linda si alzò e insieme mostrarono il profondo buco alla strega. Amelia misurò la profondità del buco, ed erano esattamente dieci metri, ed era ancora più stupefatta. La strega dopo qualche minuto di shock disse "ma non è che avete conosciuto Casty? Perchè se lui vi ha fatto il lavoro non vale". Le ragazze si guardarono e poi dissero "Lhi è questo Casty? lui non ci ha fatto nulla, non lo abbiamo mai visto". La strega credette alla loro storia e si diresse verso il ciliegio, e poi con noia e forse un po' di rabbia, tolse il velo alla prima foglia. Mancavano solo quattro prove e quindi quattro foglie. La strega disse "quindi visto che siete così brave, che ne dite di fare subito la seconda prova?" Le ragazze accettarono e la strega continuò: "Allora... Dovrete mettere in ordine cromatico le 28638 zucche presenti nel mio giardino, avete un'ora". La strega se ne andò nuovamente e le ragazze fiduciose urlarono "Casty, Casty, Casty il castoro". Mentre la ragazza urlava il castoro si piazzò dietro di lei e disse "Sono qua dietro!" Alice si girò gli sorrise e continuò "abbiamo un'altra prova, ci puoi aiutare?" Il castoro un po' perplesso disse "dipende... parlatemi di questa prova", e Linda parlò "dobbiamo mettere in ordine cromatico 28638 zucche ci dai una mano? "Casty sorrise e poi disse "non vi posso aiutare direttamente, però ho un oggettino che vi potrà aiutare, accettate?" Le ragazze si guardarono, accettarono e Casty continuò "ecco prendete questa polvere, la lancerete in aria, ovviamente sulle zucche e loro si metteranno in ordine da sole". Le ragazze presero il piccolo sacchetto di stoffa, lo aprirono e lanciarono in aria il contenuto. Magicamente le zucche, in meno di un minuto, si sistemarono in ordine cromatico come aveva detto la strega. "Grazie Casty" dissero le ragazze, il castoro sorrise e se ne andò. La strega pochi minuti dopo arrivò e stupita disse "Come avete fatto? è impossibile!" "Non è impossibile, se ce l'abbiamo fatta" disse Linda. La strega obbligata ma arrabbiata fu costretta a togliere il velo anche alla seconda foglia. Ormai era buio, la strega se ne andò e Linda e Alice si addormentarono sotto la folta chioma del ciliegio. La mattina le ragazze furono svegliate da una voce stridula che diceva "svegliatevi, svegliatevi è ora della terza prova". Le ragazze erano assonnate, ma pronte a una nuova prova. "Siamo pronte, dicci pure la terza prova" disse Alice, e Amelia continuò "dovrete contare tutti i ciuffi d'erba presenti in quel prato recintato accettate?" Alle ragazze questa prova sembrava più impossibile delle altre, e avevano il presentimento che Casty non si facesse vivo, ma Linda notò dietro un muretto lo sguardo furbo di Casty, che annuiva. Quindi le ragazze motivate dal castoro accettarono e quando la strega se ne andò Casty davanti a loro arrivò. "Eccomi, allora... prendete questa lente, vi basterà premere questo bottoncino e automaticamente vi conterà i fili d'erba". Linda prese la lente, e stavolta la puntò lei. In pochi secondi la lente contò il numero di fili d'erba presenti in quel prato. Le ragazze riconsegnarono la lente a Casty e lui salutandole se ne andò. La strega arrivò circa mezz'ora dopo e ancora più arrabbiata disse "ma è impossibile! siete riuscite a completare pure questa prova! Siete sicure di non aver visto Casty?" "Noi non conosciamo questo Casty" ribatté Linda. La strega fu obbligata anche in questo caso a togliere il velo alla terza foglia. "Facciamo subito questa quarta prova! Dovrete dipingere di bianco e poi dipingere dei fiori su tutto quel muro lungo 849 chilometri, e visto che siete così brave avete mezz'ora, non vi chiedo neanche se accettate visto che direte sicuramente di sì". Le ragazze annuirono e quando la strega se ne andò Casty arrivò. "Eccomi" disse il castoro e poi continuò "allora... Questa è una prova difficile, per gli altri ovviamente, ma non per me! Tenete questo pennello con la sua vernice magica. Dovrete intingere il pennello nella vernice e poi vi basterà appoggiare il pennello in un punto, e dipingerà tutto. E poi per colorare i fiori vi basterà aspettare un minuto, poi disegnare un fiore e infine schiacciare questo bottone che farà fiori su tutto il muro". Quando Casty ebbe finito di parlare, Linda prese il pennello e lo intinse nella vernice bianca, poi appoggiò la punta sul muro che si colorò tutto. Poi toccò ad Alice che dopo aver intinto il pennello disegnò un fiore, schiacciò il bottone e la fantasia floreale si ripeté per tutto il muro. In cinque minuti avevano già finito. Casty si riprese il pennello e la vernice, e scomparve dietro un muro. Le ragazze si misero a riposare sotto l'albero mentre aspettavano la strega. "Basta, basta io di voi non ne voglio più sapere. Come fate a completare tutte le prove in modo eccellente?" Urlò Amelia. Linda si alzò e controbatté "Strega noi facciamo tutto con il nostro potenziale. E aspettiamo solo l'ultima prova!" A quel punto si alzò anche Alice che disse "Linda ha ragione!" La strega infuriata disse "se siete tanto forti, domani ci batteremo sul campo, mi dovrete sconfiggere. Accettate o vi tirate indietro?" Le ragazze accettarono e poi Alice disse "Ora però vada a togliere il velo alla quarta foglia". La strega con poca voglia, ma molta rabbia andò a svelare la quarta foglia e poi se ne andò. Le ragazze quella notte non dormirono, erano preoccupate da quello che sarebbe potuto succedere il giorno dopo. La mattina le ragazze si alzarono prima che la strega arrivasse e chiamarono Casty. Il castoro arrivò e disse "Non c'è bisogno di raccontare, so già tutto. Prendete questo amuleto e quando vi starà lanciando l'incantesimo insieme dovrete puntarglielo". Le ragazze abbracciarono Casty e presero l'amuleto. Il castoro si nascose dietro un muro e la strega arrivò. Il combattimento fu difficile, ma fino a metà incontro erano ancora tutti illesi. La strega, ormai stufa, decise di lanciare l'incantesimo, ma le due ragazze erano pronte e impugnarono l'amuleto contro di lei. La strega si trasformò in una pietra. Casty corse verso le ragazze, le abbracciò e poi disse "andate, andate, l'albero si è mosso, dovete esprimere il vostro desiderio". Le ragazze andarono verso l'albero e dissero "noi la malattia non vogliamo, e questo ti chiediamo". Dall'albero cadde una pergamena in cui c'era scritto "voi brave siete state e ve lo meritate. La malattia non c'è più e voi delle eroine siete diventate". Le ragazze tornarono a casa e la malattia era scomparsa.
E vissero per sempre tutti felici e contenti.

domenica 22 marzo 2020

Raccontiamoci una storia - I RACCONTI

TIGER E IL MOSTRO INVISIBILE di Francesco - 2'B

In una città della regione di Hyrel c’era un ragazzo di nome Tiger che amava molto andare nella foresta a cercare animali da catalogare.
Un giorno, sentì dire che nella foresta c’era un animale bellissimo che nessuno era mai riuscito a vedere, così Tiger pensò: “Se lo trovo e lo disegno, scommetto che potrei guadagnarci anche qualcosa”. Così chiamò il suo migliore amico Samot.
Il giorno dopo andarono a cercare l’animale, perlustrarono tutta la foresta ma non trovarono niente. Verso le sei di sera avvistarono uno strano bagliore, si avvicinarono e videro uno stagno. Tiger disse:
- Che bello stagno!
Samot rispose:
-Già, che facciamo? Ci avviciniamo?
- Perché no.
Una volta che si furono avvicinati, vennero investiti da una un vento puzzolente e un’orda di mostriciattoli, mezzi uomini e mezzi polli, con degli uncini al posto delle mani, usci dallo stagno. Tiger e Samot fuggirono a gambe levate. Tornati alla città, avvertirono gli abitanti che si chiusero nelle proprie abitazioni, qualcuno non credette loro e rimase in mezzo alla strada. Dopo pochi minuti, la città venne travolta da quei mostri, chi era nella strada venne mangiato: ne restò solo la pelle.
Dopo l’attacco si udì una voce che diceva:
- Ahahah! Non avete più speranza, ormai il mondo è sotto assedio e se qualcuno di voi provasse a opporre resistenza verrà polverizzato. Addio…Ahahah.
Rimanemmo tutti lì impalati. Io presi in disparte il mio amico e gli dissi:
- Dobbiamo fare qualcosa!
- Concordo, ma come faremo a fermarlo?
- Ho un’idea. Seguimi, ci servono armi
Andarono nell’armeria magica e presero armature e spade magiche. Tiger spiegò che se i mostri erano usciti dallo stagno probabilmente era una specie di portale, quindi, arrivati allo stagno, si tuffarono.
Lo stagno li portò in una prigione dove trovarono un animale magico e lo liberarono. Lui, telepaticamente, gli disse: “Grazie stranieri! Come segno della mia riconoscenza vi seguirò e vi aiuterò nella vostra impresa”. Lo ringraziarono e proseguirono nel corridoio della prigione fino a una porta. La aprirono e videro un essere orribile: al posto delle gambe aveva una coda da drago, un petto da gorilla e una faccia mezza squartata con tantissimi occhi ognuno con un colore diverso, che disse:
- Vi avevo avvertito di non opporre resistenza. Ora subirete la mia ira!!
E lanciò un incantesimo che li avrebbe distrutti se l’animale non avesse messo un campo di energia attorno a loro. Samot andò alla carica, il nemico gli diede un pugno talmente forte da farlo volare dall’altra parte della stanza. Sbatté contro il muro e perse i sensi. Tiger, pensando che fosse morto, lanciò la spada addosso al nemico per distrarlo, corse dietro di lui e lo strozzò. Morto il nemico, Tiger corse verso Samot, lo chiamò e, quando lui si alzò, aveva gli occhi completamente neri, il sangue dalla bocca e disse:
- Non dovevi uccidermi, non meriti amici!
Samot cominciò a roteare su sé stesso, a volare ridendo in modo macabro, poi cadde a terra prese una spada e se la conficcò in testa, dopodiché morì. Da lui uscì uno spirito che disse telepaticamente: “Non sono morto invano, questo demone non esiste e non tornerà più” e sparì. Tiger, confortato da quelle parole, andò fuori dal palazzo e tutti lo acclamarono. Diventò re e tutti vissero felici e contenti.

giovedì 19 marzo 2020

Raccontiamoci una storia - I RACCONTI

IL GRANDE IMPERO DI PAGNAROK, di Andrea - 1'D

Tanto tempo fa la città di Odyssey era il centro dell’impero di Pagnarok. Era un impero vastissimo, dove governava Connor, un ragazzo di undici anni, che aveva preso il potere dopo che il padre era morto. Enzo, Alan e Alexios erano i suoi amici più fedeli, provenienti da una nobile famiglia della città.
Tutti vivevano tranquilli. Ogni giorno verso sera gli abitanti si riunivano al centro della città per sfidarsi a vicenda in una partita di calcio magico: all’interno del campo c’erano quattro armadilli magici che erano autonomi e rotolavano per il campo, i giocatori dovevano riuscire a calciarli per mirare un bersaglio, da cui usciva una palla d’oro con la quale si doveva fare goal per vincere.
I vincitori erano sempre Connor e i suoi amici.
In un altro impero vicino c’era il nemico più acerrimo di Connor, che nessuno era mai riuscito a vedere, perché nascondeva la sua identità. Aveva il dono dell’invisibilità quindi nessuno lo vedeva ma tutti sentivano la sua presenza quando si avvicinava.
Il potere di Connor era l’invulnerabilità, ogni volta che qualcuno lo feriva lui guariva subito.
Enzo aveva la super velocità, Alexios aveva i raggi laser e Alan aveva il potere dell’elettricità.
L’obiettivo del nemico era quello di conquistare tutto Pagnarok. Da secoli ci provava, ma non era mai riuscito nell’impresa.
Un giorno il nemico attaccò Odyssey con tutto il suo esercito di scagnozzi spettri. Ognuno aveva come arma una pistola che sparava fuoco, erano sicuri di vincere la battaglia e conquistare tutto l’impero.
Il nemico iniziò ad attaccare la città, ordinando di sparare il fuoco e bruciò le mura. Riuscirono a fare un buco nelle mura e entrare nella città.
Connor subito se ne accorse e fece scattare l’allarme. Da una torre di avvistamento vide gli scagnozzi del suo acerrimo nemico e sentì la sua presenza nella città. Non riuscì a vederlo perché aveva il dono dell’invisibilità.
Connor chiamò a raccolta il suo esercito, gli scagnozzi ombra, per difendere la città.
Iniziò così la battaglia. Gli scagnozzi spettri iniziarono a sparare il fuoco e a incendiare alcuni edifici, quelli ombra si difesero dando delle scosse elettriche a tutti i nemici.
A metà della battaglia gran parte dell’esercito di Connor era morto. Connor si nascose dietro a un albero un po’ isolato. A un certo punto sentì una strana presenza avvicinarsi e senti una voce: “Connor sono il tuo nemico, ormai il tuo impero è nelle mie mani”. Connor rispose: “Non è detta l’ultima parola. Facciamo una sfida: chi questa sera vincerà la partita di calcio magico conquisterà automaticamente l’impero dell’altro.” Connor era sicuro di vincere.
Arrivò la sera e si riunirono tutti per vedere la grande sfida. La squadra di Connor era pronta e anche quella del nemico. La partita iniziò e all’inizio la squadra di Connor era in netto vantaggio. Poi però la squadra degli spettri prese il pallone e riuscì a colpire il bersaglio per ottenere la palla d’oro. Gli bastava solo fare gol per vincere e conquistare tutto Pagnarok. Connor era preoccupatissimo, ma per fortuna arrivò in suo aiuto Mida, il suo fedele ghepardo dagli occhi verde acqua. Mida con la sua agilità scartò gli avversari e prese il pallone d’oro, riuscendo a fare gol.
Aveva salvato Connor, Odyssey e tutto Pagnarok. Proprio alla fine il nemico sconfitto si mostrò per l’umiliazione. Era Zelda, ex migliore amico di Connor.
Zelda e i suoi scagnozzi se ne andarono umiliati di aver perso non solo la partita ma anche il loro impero.
Connor era al settimo cielo, aveva protetto Pagnarok e aveva conquistato l’impero nemico.
La sera stessa per festeggiare fecero un aperitivo con tutti gli abitanti e fecero anche i fuochi d’artificio.

domenica 15 marzo 2020

"Raccontiamoci una storia" - IL REGOLAMENTO

In questo periodo così particolare, durante il quale trascorriamo il tempo in casa, tante sono le attività salutari a cui possiamo dedicarci: leggere un libro, disegnare, ascoltare musica, fare esercizi di ginnastica… e perché non cogliere anche l’occasione per mantenere in allenamento la nostra mente scrivendo un racconto?
Grazie all’idea di una studentessa, la scuola media propone un concorso per giovani scrittori.
Scrivete il vostro racconto e inviatelo a raccontiamociunastoria@icocscuole.it: sarà pubblicato sul blog della scuola, (ccrolgiatecomasco.blogspot.com), nella sezione dedicata. I testi più belli, a fine anno, potranno vincere il premio della giuria tecnica o il premio “social”.
Avete la possibilità di lavorare anche in coppia o in piccoli gruppi “digitali” usando gli strumenti telematici di GSuite che la scuola ha messo a vostra disposizione.

Ecco le indicazioni da seguire in modo preciso per redigere il vostro elaborato. Se non saranno seguite, il testo non potrà aspirare al podio. Prendete ispirazione dalla situazione in cui stiamo vivendo in questi giorni.

TEMATICA: IL BENE VINCE SEMPRE, SE SI RISPETTANO LE REGOLE

SUPPORTO DI LAVORO:
1. word o documento condiviso di GSuite
2. Carattere: arial o calibri
3. Grandezza: 12
4. Margini: normali
5. Interlinea: 1,0
6. Paragrafo: giustificato

NOME DEL FILE E INTESTAZIONE: nome cognome, classe, titolo

TITOLO: a libera scelta dell’autore, purché sia accattivante, intrigante, invitante!

CRITERI DI ELABORAZIONE:
1. genere fantastico, quindi favola o racconto fantasy (NON fantascienza)
2. protagonista: ragazzo/ragazzi della vostra età (prima o terza persona)
3. antagonista: nemico invisibile (che alla fine può rivelare la sua identità)
4. aiutanti: ragazzi, adulti, animali, creature fantastiche (magiche, parlanti)
5. tempo e luoghi: reali o verosimili o indefiniti
6. mezzi: magia (NO tecnologia o cibernetica)
7. trama: problema dell’umanità intera, ostacoli, lotta tra bene e male
8. cura del lessico, della sintassi e dell’ortografia

COMITATI DI VALUTAZIONE:
1. Premio giuria tecnica (Dipartimento di Lettere)
2. Premio “social” (voti on line di ragazzi, docenti, genitori, comunità tramite questionario)

TEMPI DI CONSEGNA: entro lunedì 20 aprile 2020

Aspettiamo le vostre opere letterarie.
Buon lavoro e a presto!

sabato 14 marzo 2020

"Raccontiamoci una storia" - I RACCONTI

ANITA E IL FIORE MAGICO di Sara - 1'B

C’era una volta una bella ragazza, di nome Anita, che viveva insieme alla sua famiglia in una piccola casetta in mezzo alla campagna.
A causa di una grave malattia, che colpiva solo le persone più giovani e le faceva invecchiare velocemente, era costretta a rimanere chiusa in casa, lontana da tutti.
Quella malattia si pensava fosse nata dagli animali, ma in realtà l’aveva creata una vecchia strega invidiosa che, nonostante tutte le sue pozioni magiche e i vari sortilegi, non era riuscita a rimanere giovane e bella. Per questo aveva sparso nell’aria una polvere magica che, poi, trasportata dal vento, era stata assorbita anche dai raggi solari.
Anita, testarda com’era, decise di andare a cercare una cura per quella malattia, quindi decise, la notte, di partire alla ricerca dell’antidoto.
Cercò di vestirsi per coprirsi il più possibile, così da evitare il contatto con quella polvere e, dopo aver salutato tutta la sua famiglia, partì.
Mentre camminava da un po’,  iniziò a sentire sempre di più la stanchezza: cominciava a trascinare le gambe perché troppo pesanti e il suo viso lo sentiva cadere verso il basso. Decise di specchiarsi in un piccolo laghetto e vide un’anziana signora con dei lunghi capelli bianchi.
Si fermò e disse a bassa voce:
-Cosa mi è successo? Sono invecchiata di colpo! Adesso come farò a trovare l’antidoto in queste condizioni? Non ho neanche più le forze per camminare …-
Anita ci pensò un attimo e poi aggiunse:
-Non sarà certo questo a fermarmi! Andrò dalla Dea della Bellezza e le chiederò un consiglio-.
Così Anita decise di incamminarsi verso il tempio della Dea.
Dopo una lunga camminata, che sarebbe stata sicuramente meno impegnativa se fosse stata giovane, arrivò al tempio e vi entrò; appena lì, sentì una voce che diceva:
- Anita, cosa ci fai qui ?-
 Anita rispose:
- Salve, mia bellissima Dea, sono qui perché le devo chiedere un favore: mi potrebbe dire qual è l’antidoto per la malattia che sta infettando tutti, compresa me?-
E la Dea le rispose:
-Te lo dico solo perché sei venuta qui facendo un enorme sforzo … Ora io ti dirò il segreto, ma tu non dovrai tenerlo solo per te, al contrario dovrai condividerlo con tutti, va bene?-
Anita le rispose:
- D’accordo …-
- Va bene Anita, mi sei sembrata sincera, ma se il segreto lo terrai solo per te, tu rimarrai vecchia, mentre tutte le altre persone torneranno giovani. Allora, devi andare nella Spiaggia della Giovinezza, dove troverai una splendida sabbia dorata che tu non devi raccogliere per nessun motivo, perché se no rimarrai vecchia per sempre. Invece devi cercare un fiore bianco come la neve, devi raccoglierlo, prendere solo i petali e metterli nel contenitore che ti ho dato e poi portare tutto nel tuo villaggio. Quando sarai lì, dovrai semplicemente lanciare in aria il contenitore e ogni cosa tornerà come era all’inizio … Non permettere a nessuno di toccarlo e prenderlo. Ok? -
-Certo … Grazie mille!-
Così Anita partì alla ricerca della Spiaggia della Giovinezza e, dopo un lungo cammino, arrivò in un luogo dove vide molte persone che giocavano nella sabbia, e alcune le chiedevano di unirsi a loro.
Anita, senza rispondere, andò a cercare il suo fiore, fino a quando lo trovò sotto una roccia; lo raccolse e corse via per dare meno nell’occhio.
Uscita dalla spiaggia, camminò ancora per molto tempo e, quando aveva quasi raggiunto il suo villaggio, incontrò la strega che aveva fatto quel sortilegio, che le disse:
- Cara mia, cosa ci fai qui?
Anita le rispose:
- Chi sei e cosa vuoi da me?-
E la strega esclamò:
- Da te voglio solo il contenitore che hai appena nascosto dietro la tua schiena, e adesso me lo darai …-
Anita, visto che era molto furba, le disse:
- Ok, te lo darò, ma prima posso andare a raccogliere quel fiore che si trova lì davanti?-
La strega, pensando che non ci fosse nulla di male, le disse:
- Ok, non trovo nulla di bello in quel fiore, però va bene, puoi andare-.
Anita, sapeva che andando più avanti, sarebbe entrata nel territorio del suo villaggio e che quindi avrebbe potuto lanciare in aria il contenitore, come le aveva indicato di fare la Dea.
Così Anita, al posto di raccogliere il fiore, lanciò in aria il contenitore, e la strega, vedendo questo, disse:
- Nooo! Non è giusto! -
Così, dopo aver pronunciato le sue ultime parole, si trasformò in una nuvola di fumo nero che si dissolse nell’aria. Allora tutte le persone che erano invecchiate, compresa Anita, ritornarono giovani.
La ragazza corse a casa, ma non trovò la sua piccola abitazione, bensì un castello grande e bellissimo; vi entrò e vide la sua famiglia che stava festeggiando; quando i suoi cari si accorsero di lei, corsero tutti ad abbracciarla e a dirle che era stata bravissima.
E così Anita e la sua famiglia vissero per sempre felici e contenti!

lunedì 9 marzo 2020

LINEA DIRETTA CON LA SCUOLA!

Ciao a tutti!
Stiamo vivendo un momento particolare: siamo a casa, non possiamo andare a scuola, dobbiamo limitare tutti gli spostamenti, dobbiamo mantenere le distanze anche dalle persone a cui siamo più affezionate e molto spesso sentiamo e leggiamo notizie allarmanti in tv e su internet. Ma non possiamo e non vogliamo fermarci: insieme, docenti e studenti, infatti, stiamo sperimentando una didattica diversa, tramite mail, video, messaggi o addirittura videoconferenze.
Mettiamo a vostra disposizione questo spazio per darvi la possibilità di esprimere impressioni o dare suggerimenti.

Ecco qualche domanda guida che potrebbe aiutarvi a formulare i vostri commenti (se volete copiatele e incollatele nel post, così capiamo meglio tutti).
Siete riusciti tutti a connettervi a Classroom?
Come stanno andando i lavori dei corsi?
Riuscite ad usare i vostri strumenti?
Riuscite a organizzare il vostro tempo per imparare ed eseguire i compiti?

Vi chiediamo anche di raccontarci in breve come trascorrete il vostro tempo:
Come vivete le vostre giornate?
Quando fate i compiti?
Cosa pensate della didattica on line?
Come vi sentite rispetto al vostro lavoro di studente?

Attendiamo i vostri commenti!!


Attenzione: Pubblicate come "Anonimo" (è la terza voce del menù a tendina). In questo caso, in cima al vostro commento comparirà "Anonimo". È il modo più veloce per inserire un commento se in questo momento siete autenticati con @icocscuole.it. Potete poi presentarvi nel commento e una volta scritto, cliccate "pubblica".
Grazie!

domenica 8 marzo 2020

Visita al Memoriale della Shoah - 3A-3B

Il 5 febbraio noi, 3°A e la 3°B abbiamo visitato il Memoriale della Shoah a Milano. Siamo partiti la mattina e alle dieci eravamo a Milano. Quando il pullman ci ha lasciati abbiamo percorso un tratto di strada a piedi per arrivare alla Stazione Centrale. Siamo entrati e ci siamo seduti aspettando le indicazioni della guida. All'ingresso abbiamo notato il muro, gigantesco, con inciso la parola “Indifferenza”. La guida ci ha spiegato che quel muro è stato voluto da Liliana Segre, che ha deciso che la parola chiave fosse indifferenza, l’indifferenza che in quegli anni di guerra ha reso possibile e facilitato lo sterminio degli ebrei. E’ inoltre stata lei a riconoscere che fosse stata proprio la Stazione Centrale il luogo di partenza dei treni diretti ai campi di sterminio. Senza di lei, il Memoriale non ci sarebbe. Ci trovavamo nella parte iniziale e ancora illuminata della Stazione Centrale, perchè come ci siamo accorti avanzando la luce si diradava, per la mancanza di finestre, e non solo. Quando abbiamo iniziato il nostro giro ci siamo immersi pian piano nell’atmosfera creata da una illuminazione sempre più debole. Tutto grosso modo era come lo si trovava durante quegli anni, e anche allora era buio, perché i tedeschi e i fascisti non volevano far vedere quello che succedeva all’interno della stazione. Ci siamo poi spostati più all’interno della stazione ed effettivamente la luce diminuiva. La guida ci ha spiegato la situazione degli anni ‘40 circa in Italia. Nel 1938 anche qui vennero emanate le leggi razziali e gli ebrei iniziarono a non poter più andare a scuola, a non poter più possedere un negozio e a non poter più comprare nulla. Nel 1943 ecco che anche dalla Stazione Centrale, dopo l’alleanza tra Hitler e Mussolini e dopo che l’Italia prese parte al secondo conflitto mondiale, alleata alla Germania, iniziarono a partire i treni carichi di deportati, diretti ad Auschwitz e negli altri campi di concentramento e di sterminio. Ci siamo poi inoltrati ulteriormente nella stazione fino ad arrivare ad un piccolo convoglio appoggiato alle sue rotaie. Quello era uno dei tanti vagoni che dal 1943 aveva intrapreso il viaggio verso i campi di sterminio, al tempo carico di persone, strapieno di ebrei, ladri, omosessuali e oppositori politici. Noi l’abbiamo visto, ci siamo saliti sopra e abbiamo scoperto quanto realmente fosse piccolo, visto dall’interno poi sembrava di essere rinchiusi. Proprio quel convoglio, si spostò su quelle stesse rotaie, fino ad arrivare, carico di persone, in fondo ad esse, dove veniva sollevato da un montacarichi controllato da un addetto. Così veniva composto l’intero treno sul piano superiore, un convoglio alla volta, un treno come gli altri, lontano dalla gente della stazione, perchè già fuori dalla copertura. Nessuno ci faceva caso o almeno nessuno faceva nulla se si accorgeva che lì c'erano delle persone.
E in questo ritroviamo il discorso di Liliana Segre, con l'insistenza sul termine “indifferenza”, perché a quasi nessuno interessava la sorte dei deportati, e tra quei pochi, quasi nessuno agiva.
Finalmente ai binari, abbiamo visto davanti a noi una parete, piena di nomi proiettati. Quelli erano i nomi di tutti i deportati, tutti in bianco, oltre settecento, tranne ventisette in rosso: i nomi di chi era tornato. Sul pavimento c’erano anche delle grandi pietre d’inciampo, che ricordavano ognuna un treno partito da lì, con la data e la meta, in tutto erano 20.
La nostra visita si è conclusa in una specie di cupola, illuminata da una luce fioca, posta all’inizio dei binari, accanto al muro dei nomi. Al suo interno, sul pavimento c’era una lastra in ferro che, ci ha spiegato la guida, puntava verso Gerusalemme. Questo perché Gerusalemme è la città delle religioni monoteiste ed è un modo per rappresentarne l’unione e la pace. Quando siamo usciti dalla cupola, abbiamo letto le storie di vari giusti delle nazioni come Irena Sendler, che avevamo già conosciuto in classe.
Questa visita è riuscita a farci immergere nell’atmosfera della Stazione Centrale di allora, anche se è impossibile riuscire a immaginare come si sentivano davvero i deportati.

       Alessandro Piazza

venerdì 6 marzo 2020

Visita al Memoriale della Shoah

Martedì 11 febbraio, terza D e terza E si sono recati al Memoriale della Shoah a Milano, collocato sotto la Stazione Centrale. Appena arrivati, ci siamo seduti proprio davanti a un enorme muro in cemento armato, dove ci ha accolti una guida che ci ha spiegato il significato di questa enorme parete sulla quale campeggia la parola “indifferenza” a caratteri cubitali: è stata la senatrice Liliana Segre, milanese di origini ebree, a volere questo muro perché, quando, suo padre Alberto e lei, appena tredicenne, furono portati alla stazione per essere deportati ad Auschwitz, le persone erano indifferenti, facevano finta di niente, avevano paura.



La guida ha accennato all’inizio della guerra e all’emanazione delle leggi razziali, diffuse attraverso manifesti di propaganda dove veniva evidenziata l’inferiorità degli ebrei e degli uomini di colore, che venivano rappresentati come bestie e come selvaggi. La guida era molto brava ed è riuscita a catturare la mia attenzione, peccato che si sia dilungata al punto da lasciare in sospeso il suo discorso. Successivamente, in silenzio, ci siamo avviati verso la riproduzione fedele del treno con cui gli ebrei venivano deportati ad Auschwitz. L’ambiente era inquietante perché molto buio, le luci erano fioche, faceva freddo e, ogni cinque minuti, sentivamo sopra le nostre teste treni in transito. A tutto questo si aggiungevano le parole della guida che ci ha spiegato l’orrore che avevano vissuto moltissime persone, anche bambini. Il Memoriale, infatti, corrisponde al cosiddetto “Binario 21”, uno spazio sotterraneo alla stazione Centrale di Milano che veniva utilizzato per smistare la corrispondenza proveniente dalla sede della Posta, situata nel palazzo di fronte, caricandola su vagoni merci che venivano sollevati attraverso un sistema di leve, fino al binario 21 all’altezza della stazione. Durante la Seconda Guerra mondiale, lettere e missive furono sostituite dagli Ebrei. Questo dimostra che essi erano considerati oggetti e dovevano essere trasportati di nascosto.



La guida ci ha fatto entrare in uno dei vagoni… che brividi! E pensare che lì venivano stipate circa 100 persone per più di una settimana, ignare della destinazione finale, con sette gallette a testa, un secchio per i bisogni, senza sedie e senza finestre. Dopo aver oltrepassato il binario passando attraverso il vagone, abbiamo raggiunto un muro su cui erano proiettati i nomi delle persone deportate da quella stazione dal 6 dicembre 1943 al 30 gennaio 1944. Sul pavimento erano presenti lastre che riportavano le tappe che ha compiuto il treno carico di uomini, donne e bambini ebrei, deportati per la sola colpa di essere nati. I nomi erano in tre colori diversi: in bianco quelli delle persone che non hanno mai fatto ritorno dai campi di sterminio, in giallo coloro che si sono salvati ma sono mancati di recente, in rosso i sopravvissuti ancora in vita.



Dopodiché siamo entrati nel “Luogo di riflessione”, una sala a forma tronco-conica con diametro di circa 10 metri con una panca circolare sul perimetro, che consente il raccoglimento dei visitatori. Non sono presenti simboli religiosi, solo una luce fioca, ad indicare i Giusti del mondo che, invece di essere indifferenti come tutti, hanno cercato di aiutare gli Ebrei. Mi ricordo l’esempio di un ciclista, Fausto Coppi, che nascondeva, nella sua bici, documenti falsi destinati agli ebrei. Insieme a lui tanti altri vengono ricordati nel Giardino dei giusti, un’area appositamente creata all’interno dell’istituto e museo “Yad Vashem” di Gerusalemme. Di fianco al “Luogo di riflessione” si trovava una mostra d’arte temporanea sulla Shoah che abbiamo visitato velocemente prima di tornare a scuola. E’ stata un’esperienza indimenticabile.

Giuseppe Nicosia III D