HENRY MORGAN: IL TRABICCOLO CHE CAPITANAI SI CHIAMAVA “BLANK”
di SAMUELE BROGNARO 2B
Ricordo che era un pomeriggio caldissimo. Stavo nella mia cabina seduto sulla sedia di mogano vicino alla finestra. Ogni tanto sbirciavo fuori dalle finestre che davano sul ponte. I miei marinai erano molto affaticati e sudati. Non so perché questo fatto mi fece sorridere. Lo so, forse ero troppo crudele e spietato, ma non avevo scelta in merito, c’era poco rispetto nei miei confronti e questo mi infastidiva.
In quella traversata stavamo trasportando un carico di oro che avevamo rubato. Molto probabilmente qualcuno ci era già alle calcagna, ma non potevamo immaginarcelo.
La nave che stavo capitanando era un trabiccolo ambulante: il timone era completamente marcio, le vele strappate, le tavole spezzate e chi ne ha più ne metta.
La sera mi preparai per bene per andare in sottocoperta a cenare. Mi ritenevo e mi ritengo un uomo molto raffinato con un irrefrenabile bisogno di mettersi in mostra. Quindi pettinai i miei fantastici baffi e controllai i capelli che fortunatamente erano in ordine. Riposi gli abiti sporchi nella cassa in fondo alla cabina e poi presi una giubba ed un mantello dal mio armadietto. Dopo un ultimo sguardo al mio abbigliamento, decisi di dirigermi in sottocoperta. Nonostante la mia nave fosse completamente decrepita, apprezzavo la moltitudine di passaggi segreti. Normalmente andavo in sottocoperta tramite questi, ma non quando ero vestito bene. In quel caso passavo dal ponte e mi pavoneggiavo. Ogni volta quei marinai mi guardavano con odio ma a me non importava. L’importante per me, era mangiare la porchetta sotto sale: una delizia. Quella sera, però, sarebbe andata diversamente.
Non ebbi neanche il tempo di mettere in bocca il primo boccone che qualcosa di grosso si sfracellò contro la nave. Probabilmente si trattava di una palla di cannone. Infatti non ci misi molto a notare quel buco in fondo alla sala. La nave non imbarcava acqua ma… ci avevano raggiunti!! La nave andava messa sulla difensiva. Balzai in piedi e, correndo, raggiunsi la mia cabina. Dalla finestra, la vidi: era grande due volte la mia. I marinai (forse più di cento) avevano ciascuno dei moschetti e sotto al loro controllo una bombarda a testa. Per la sua grandezza, dedussi che era meno agile rispetto ad una nave normale quindi, mentre preparavano i cannoni, avremmo potuto distrarli con una virata improvvisa verso ovest. L’unico pericolo potevano essere le montagne marine. E così feci: aprii la botola che c’era sopra alla mia testa gridando al timoniere di virare verso ovest senza essere delicato. Gli altri erano già riuniti sul ponte. In quell’occasione avevano dimostrato una grande intelligenza nell’aver già preparato i cannoni ed i moschetti, e stavano anche orientando le vele in direzione di vento. Ma la situazione che credevo ottimale mutò in un istante: il timoniere lanciò un grido di disperazione perché il timone era bloccato. I nostri inseguitori ci stavano sparando pallottole a raffica. Saremmo stati spacciati se non avessimo virato. Fortunatamente, un’idea mi balenò in testa, accendendosi. Potevo usare le vele direzionali per far virare la nave. Non sarebbe stata la stessa cosa, ma la manovra li avrebbe disorientati. Infatti ci persero un attimo di vista e questo bastò per noi a sferrare l’attacco. I cannoni di sottocoperta vennero azionati provocando un frastuono ed un vento terribile. Poi il sibilo d’aria mutò in un frastuono fortissimo. La nave nemica era stata trafitta da venti palle di piombo. I suoi marinai smisero di fare fuoco ed andarono nel panico più totale. La loro nave stava affondando ed io sapevo di averla scampata. Ma poco dopo sentii un forte scricchiolio ed il rumore di tavole spezzate. Credevo che fosse un assestamento della nave e non ci pensai. Iniziammo a festeggiare e poi corsi in sottocoperta per finire la porchetta. Ma come dice il detto: “Ride bene chi ride ultimo”, mi trovai l’acqua alle ginocchia.
Diamine! Ci avevano colpiti prima di affondare. Dovevo dare ordini in fretta. Dissi di preparare le scialuppe e chiesi a Jaksy di aiutarmi a salvare un po’ di oro. Riuscimmo a prendere trenta sacchetti di oro e di corsa saltammo sulle scialuppe. Ci calammo in mare e ci allontanammo. La nave affondò e noi la salutammo inchinandoci. Finito il saluto mi sedetti e mi guardai attorno. La notte era gelida ed il mare nero. Infine ordinai di cominciare a remare. Le scialuppe iniziarono a muoversi lentamente verso l’ignoto.
martedì 4 gennaio 2022
RACCONTI D'AVVENTURA.
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