LA MIA MORTE
DI ALESSANDRO MASCELLANI 2A
Sono (o, meglio, ero) il temutissimo pirata Edward Teach, ma forse voi mi conoscete meglio con il mio soprannome Barbanera. Molte se ne sono dette sulla mia vita, perciò ora vi racconterò della mia morte.
Era il 3 maggio 1718. Stavamo inseguendo ormai da cinque giorni la nave del non troppo temuto pirata Barbabarba (chiamato così perché erano già stati presi tutti i colori delle barbe).
Appena svegliato andai verso la prua della nave per osservare l'alba. Il sole quasi mi accecava, ma riuscì sentire che si stava avvicinando un membro dell'equipaggio.
- Sa - disse - il sole mette in risalto il suo i suoi occhi blu e profondi come l'oceano.-
Era John, il mio vice.- Grazie, John - dissi prima di tornare in cabina.
Il sole rifletteva sulla fibbia della mia cintura, e il riflesso lo colpiva in faccia non volevo certo rovinargli l'alba.
Sotto coperta scrissi un paio di pagine del mio diario, le ultime, ma venni bruscamente interrotto dall'urlo di John - Sta rallentando! Oggi è il giorno giusto! Tutti pronti all'arrembaggio!!! -.
Mi preparai come un fulmine. Misi sotto al cappello nella barba dei pezzi di miccia per farmi avvolgere dal fumo e spaventare i nemici. Mi infilai gli stivali da arrembaggio: neri, lucidi e con le suole di metallo per spaventare i filibustieri con cui avevo che fare.
Infilati nella fodera la spada con incise le lettere "E.T." (che non è un omaggio al famoso film di Spielberg ma sono le mie iniziali), nascosi sotto la giacca nera come la notte una pistola carica e ne diedi altre nove a Daniel, che me le avrebbe passate quando ne avessi avuto bisogno.
Appena abbandonammo la nave non perdemmo un minuto: ci lanciamo subito all'attacco dell'imbarcazione e ci mettemmo a combattere. Io, come mio solito, andai dritto dal capitano, che in questo caso era Barbabarba. Appena lo vidi capì che, nonostante avesse paura, non si faceva influenzare da essa.
Dopo qualche minuto di duello con la spada, feci finta di colpirlo alla spalla e appena mosse per parare il colpo lo trafissi all'addome. Cadde a terra, sembrava morto, ma appena mi girai per esultare assieme ai miei compagni, estrasse la pistola e mi sparò alla schiena, da vigliacco.
-Per mille sardine!- (non dissi proprio "per mille sardine", ma facciamo finta che sia andata così). La mia camicia grigia (una volta bianca come il quarzo) si era ormai tinta di rosso. Il sangue che colava quasi si confondeva con le bretelle che erano dello stesso colore. Caddi a terra nel momento in cui il sangue macchiò i pantaloni larghi e neri come l'ebano. Le mie ultime parole furono -John, prendi tu il comando della nave: ti promuovo capitano-.
Durante il mio funerale i marinai buttarono il mio corpo senza vita in mare, nel bel mezzo del Mar dei Caraibi. Quello stesso mare che terrorizzai in vita, mi ospitò per sempre in morte.
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