di Simone Bellemo e Francesco Maino
Da sempre lo sport è stato un elemento unificatore: partendo dalle origini ricordiamo come le Olimpiadi nell’antica Grecia rappresentassero uno dei pochi momenti di tregua imposta a qualsiasi conflitto.
Il triste legame tra sport e razzismo porrà invece le sue basi solo nel XIX secolo, in particolare a causa dell’imperialismo britannico: il “fardello dell’uomo bianco,” ovvero il diritto e il dovere di civilizzare le popolazioni “primitive” in nome della superiorità razziale dei bianchi, fu applicato anche attraverso lo sport.
Alcuni casi
Da Olimpia 1896, anno della prima Olimpiade fino alla nascita delle paraolimpiadi per disabili, molte persone hanno guardato allo sport per migliorare almeno un po’ il nostro mondo e diffondere principi come tolleranza, rispetto, uguaglianza e integrazione. Tantissime sono le storie individuali di uomini e donne, famosi e non, che grazie all’impegno agonistico hanno vinto vere e proprie battaglie personali. Ma da sempre c’è anche qualcuno che non la pensa così. A volte questo qualcuno può essere definito e etichettato come razzista..
1) Durante Vitoria Guimaraes-Porto, il calciatore degli ospiti è stato continuamente bersagliato dai tifosi di casa e dopo aver segnato, ha reagito con gestacci verso il pubblico ed è stato sanzionato dall'arbitro. Poi ha abbandonato il terreno di gioco. le sue parole sono state: “Non mi ha difeso e mi ha dato il giallo perché difendo il colore della mia pelle. Spero di non incontrarlo più su un campo, è una vergogna”
(Moussa Marega)
2)Jackie Robinson: il primo nero a diventare giocatore di baseball professionistico americano nel 1946. Minacciato di morte, insultato dai tifosi anche da quelli della sua squadra, a volte, preso letteralmente a palate dai lanciatori, non si lamentò mai, non fece mai una polemica. Sapeva che avrebbe dovuto semplicemente essere il più bravo di tutti, il baseball ha smesso di essere un gioco per soli bianchi grazie al suo coraggio e alla sua dignità.
3)Tiger Woods è diventato il più amato campione di golf, la disciplina forse più elitaria e per certi versi snobistica della scena statunitense. Anche in altri Paesi ci sono esempi: In Sudafrica il tramonto dell’apartheid è passato anche dallo sport: se un tempo il calcio era riservato ai neri e il rugby ai bianchi, ora le rispettive nazionali sono decisamente “miste”. Nei pacchetti di mischia dei gloriosi Springboks sono entrati i primi colossi d’ebano, mentre la Coppa d’Africa di calcio, vinta davanti al tifoso speciale Nelson Mandela, è stata una festa popolare indimenticabile di riconciliazione nazionale.
(Tiger Woods)
Le Olimpiadi naziste di Berlino, 1936
Molteplici sono gli episodi e i protagonisti che si sono susseguiti in tutto questo. Partiamo nel segno delle Olimpiadi di Berlino del 1936: Adolf Hitler non ha lasciato nulla di intentato nel suo piano di valorizzazione e promozione della superiorità della sua Germania. L’evento in questione può diventare un’enorme cassa di risonanza per propagandare la potenza della grande Germania nazista e la superiorità della razza ariana oltre che nella vita quotidiana anche nello sport.
Un uomo nero però rovina tutti i piani del Fùhrer. Si tratta di Jesse Owens, l’uomo più veloce del mondo che in quell’olimpiade vince e si porta a casa ben quattro medaglie d’oro. Owens diventa così un vero e proprio simbolo dell’antirazzismo e la dimostrazione vivente della demenzialità di certe teorie.
(Jesse Owens)
Secondo alcuni la lotta al razzismo nello sport sta facendo passi indietro, in effetti ultimamente cori e insulti verso giocatori di colore sono sempre più frequenti.
Però in alcuni ambiti sportivi ad esempio nella serie A tutte le 20 squadre hanno aderito ad un progetto di eliminazione del razzismo dagli stadi.
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