Buongiorno, sono Sonia Saglimbeni della scuola secondaria di Olgiate Comasco. Frequento la classe 2’C. Con i miei compagni partecipo al Consiglio Comunale dei ragazzi, ci occupiamo di salute. La ringrazio per l'intervista che mi sta rilasciando.
Lavora come infermiera da diversi anni in Pediatria e in Pronto Soccorso Pediatrico, che cosa l’ha spinta a fare questo lavoro?
In realtà non sono io che ho scelto il mio lavoro ma è il lavoro che ha scelto me. Fin da piccola ogni volta che andavo a fare una visita medica, un prelievo del sangue o una vaccinazione non dormivo per due giorni…avevo il terrore dei dottori, degli infermieri e degli ospedali e così per farmi passare la paura immaginavo sempre a come sarebbe stato essere dall’altra parte, ad indossare il camice bianco e a tenere una siringa in mano anziché essere distesa in un lettino in lacrime ed impaurita. Così da grande sono diventata infermiera, per essere dall’altra parte, per dare aiuto ai tanti bambini che hanno bisogno di cure e che magari come me, hanno paura degli ospedali e dei dottori.
Cosa fa un infermiere in un pronto soccorso pediatrico o in una pediatria?
Essere infermiera in un Pronto Soccorso Pediatrico o in una Pediatria non è diverso dall’essere infermiera in un altro reparto, semplicemente occorre avere delle capacità e delle competenze specifiche per poter gestire i piccoli e i grandi pazienti, da 0 a 18 anni. I bambini e gli adolescenti non sono dei “piccoli adulti”: hanno caratteristiche fisiche diverse, affrontano la malattia, il dolore o la paura in modo diverso rispetto agli adulti e spesso hanno problemi di salute diversi a seconda dell’età. Anche le cure e le terapie cambiano in base all’età e al peso del bambino. L’infermiere in pediatria deve perciò conoscere i farmaci e i dosaggi, saper fare dei calcoli per somministrare la giusta dose di farmaco e trovare le strategie adatte per distrarre il bambino piccolo o far collaborare quello più grande. I bambini poi in ospedale hanno sempre bisogno di un genitore o di una persona della famiglia su cui contare, soprattutto durante le visite o le procedure più dolorose. E’ importante che i genitori siano sempre nella stanza con il loro bambino e l’infermiere deve curare il piccolo paziente coinvolgendo sempre il genitore e gestendo al meglio la sua ansia e la sua preoccupazione.
Com’è cambiato il pronto soccorso pediatrico dopo l’emergenza Covid?
Con la pandemia gli Ospedali sono stati rivoluzionati. E’ stato necessario riorganizzare il Pronto Soccorso ma anche gli altri reparti, creando aree e percorsi diversi per i pazienti positivi e non. A causa dell’emergenza per dare più spazio ai pazienti Covid il Pronto Soccorso Pediatrico in cui attualmente lavoro è stato trasferito in un'altra area dell’ospedale, sono state create due sale di attesa, una per i pazienti positivi e una per i negativi. Purtroppo gli spazi per le visite, le procedure e il triage sono ridotti e non sempre è facile gestire le tante persone che si recano in ospedale. Anche il personale poi purtroppo si ammala e per chi resta il lavoro si moltiplica. All’ingresso del Pronto Soccorso a tutti i bambini ora viene fatto un tampone antigenico per poter ridurre al minimo il rischio di contagio e viene chiesto il Green Pass agli accompagnatori. I lettini e gli spazi usati dai bimbi positivi vengono puliti e disinfettati prima di far accedere un altro paziente perciò anche i tempi di attesa possono essere più lunghi se non c’è una problematica grave. Noi infermieri ma anche i medici e tutti gli operatori sanitari che lavorano in Ospedale ce la mettiamo sempre tutta per curare i pazienti al meglio, anche dal punto di vista emotivo, rispondendo ai bisogni dei più piccoli con la calma ed il sorriso. Purtroppo oggi il sorriso non è più lo stesso perché si nasconde dietro a mascherine, visiere e ad un travestimento “spaziale” che spesso spaventa i bambini anziché tranquillizzarli.
Qual è l’aspetto più bello ed interessante del suo lavoro?
Credo sia molto bello e gratificante il mio lavoro sia da un punto di vista umano che professionale. In un Pronto Soccorso gli incontri con le persone sono veloci, della durata di qualche minuto al Triage, il tempo di una visita medica, l’attesa di un esame o di una procedura. Il bello del mio lavoro non è sicuramente il prelievo, la medicazione o la fasciatura…credo sia la gratificazione che si prova quando si riesce ad aiutare chi ha bisogno, a risolvere un problema di salute, a strappare un sorriso un bimbo spaventato e in lacrime, è la gratificazione che si ha quando il paziente guarisce e ti ringrazia per ciò che hai fatto per lui. E’ molto interessante e bello lavorare in equipe, collaborare con i colleghi, con i medici, con i diversi specialisti, confrontandosi ed imparando ogni giorno qualcosa di nuovo.
Quale considera l’aspetto più duro di questo lavoro?
I turni pesanti, il sonno mancato, il poco tempo che si dedica alla famiglia , l’imprevisto che può accadere durante il turno e la gestione di un caso difficile che spesso ti lascia il segno e te lo porti nel cuore per sempre.
Che consiglio darebbe ai genitori che si recano in pronto soccorso preoccupati per i loro bambini?
Il Pronto Soccorso Pediatrico, come tutti i Pronti Soccorsi, andrebbe utilizzato per gestire i problemi di salute gravi, non risolvibili dal pediatra. Indubbiamente il pronto soccorso è comodo, è sempre aperto anche di notte, non serve prendere l’appuntamento, si può andare anche di sabato e domenica e i problemi vengono risolti nel giro di qualche ora o di mezza giornata. Purtroppo oggi il Pronto Soccorso Pediatrico è preso d’assalto per qualsiasi tipo di problema perché l’ansia dei genitori porta a correre in ospedale immediatamente appena il bambino piange, ha la febbre da un’ora, è stato punto da un insetto, ha il raffreddore o un piccolo graffio. Oggi anche il tampone antigenico positivo fatto a casa o il contatto con la maestra positiva fa correre i genitori in pronto soccorso senza motivo. Questa situazione purtroppo porta all’affollamento e attese di molte ore per la visita o per un referto…intanto il bimbo piange, si stanca, ha fame, sonno e diventa insofferente…giustamente, poverino!
Il consiglio che posso dare? Valutare bene quando sia davvero il caso di portare un bimbo in un Pronto Soccorso, non farsi prendere subito dall’ansia per qualsiasi problema risolvibile magari anche in farmacia o dal pediatra. Se poi si decidesse comunque di recarsi al Pronto Soccorso ricordarsi che hanno la precedenza sempre i casi più gravi e che l’ansia di mamma e papà purtroppo non è mai considerata un’emergenza se il bambino sta bene.
Durante l’emergenza Covid gli infermieri sono stati definiti “eroi”. Cosa ne pensa?
L’emergenza ancora non è passata purtroppo, gli ospedali sono ancora affollati, pieni di persone che stanno male, che passano giorni su barelle nei corridoi del Pronto Soccorso in attesa di posti letto…e non solo per il Covid. I medici e gli infermieri fanno del loro meglio per assistere tutti, ma è davvero difficile in questa situazione. Siamo stati definiti eroi all’inizio della pandemia ma io personalmente non mi sono mai sentita tale…e neppure i miei colleghi credo…E’ il nostro lavoro, sempre. Quando i turni non finiscono mai, quando portiamo a casa la bottiglietta dell’acqua ancora piena, quando per la stanchezza ci addormentiamo su una sedia, quando ci togliamo dopo ore la mascherina e finalmente respiriamo o dopo che togliamo la tuta di plastica e sembra che abbiamo fatto la doccia vestiti, quando passiamo sabati, domeniche, Natale e Pasqua in ospedale anziché con la nostra famiglia, quando dopo una giornata intensa di lavoro abbiamo aiutato decine di persone e non riceviamo neppure un grazie…tutti i giorni, per questo, gli infermieri sono eroi! Non solo in emergenza! In realtà quando ti trovi ad assistere persone che lottano per la vita, bambini molto malati che incoraggiano i genitori disperati, mamme e papà disposti a mille sacrifici per dare un po’ di sollievo ai propri figli…capisci che gli eroi veri degli ospedali sono altri…non gli infermieri!
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