mercoledì 9 febbraio 2022

SALUTE - Intervista alla dottoressa Sabina Campi, primario del 118 di Varese

Buongiorno, sono Arianna Desiante della scuola secondaria di Olgiate Comasco.

Oggi le farò qualche domanda per il Consiglio comunale dei Ragazzi, cui partecipo come delegata per la mia classe. Noi ci occupiamo di salute.

Cosa l’ ha spinta a fare questo lavoro?

La motivazione che mi ha spinto a fare questo lavoro è stato quando il mio papà ha vissuto un brutto periodo di malattia e, quindi, da lì ho maturato la scelta di svolgere la professione di medico.

Quali emozioni prova quando deve soccorrere le persone?

Quando soccorro le persone provo sempre un po' di paura perché non si sa mai cosa può succedere. Provo anche un po' di tristezza quando qualcuno non ce la fa, mentre gioia e felicità quando va tutto va bene e a buon fine. 

Quando le situazioni peggiorano come si sente? Riesce comunque a mantenere la calma? 

Come succede a tutti, ho sempre un po' di paura, ma l'esperienza maturata negli anni mi aiuta a mantenere comunque la calma perché, se la perdi, magari potresti peggiorare situazioni già di per sé complicate. 

Quali sono le emozioni che prova quando qualcuno non ce la fa? Quando, invece, è fiera e si sente soddisfatta se riesce a compiere la sua missione fino in fondo? Può fare anche degli esempi? 

Quando qualcuno non ce la fa sono addolorata e ho dentro di me un senso di vuoto perché non sono riuscita a salvarlo. Sono contentissima quando riesco a compiere fino in fondo il mio lavoro. Sono triste quando magari muore un ragazzo o un bambino o quando a lasciarci sono una mamma o un papà vedi i figli che soffrono e piangono. Sono felice quando riesco a far ripartire il cuore di qualcuno oppure quando aiuto a far partorire una signora in casa che non ha tempo di recarsi in ospedale perché il bambino ha fretta di "conoscere il mondo". 

Quali sono le soddisfazioni e le delusioni che le dà il suo lavoro?

Le soddisfazioni che mi dà il mio lavoro sono i sorrisi della gente che aiuto mentre le delusioni sono la burocrazia e le difficoltà legate a carenze sanitarie. 

Come si è trasformato il suo campo lavorativo durante questo periodo cupo di pandemia?

È avvenuta una sorta di deumanizzazione e abbiamo dovuto alzare la guardia, anche indossando un abbigliamento che spesso non ci consente di respirare, per non parlare dell'impossibilità di mantenere il distanziamento nelle nostre operazioni di soccorso.

Cosa pensa del fatto che vi chiamavano "eroi" in piena pandemia? 

Noi non siamo eroi, ma semplicemente abbiamo svolto e amato il nostro lavoro, nonostante tutto. Eravamo un po' gli attori principali del momento. 

Mandi un messaggio di speranza a chi leggerà la sua intervista.

Spero che questa brutta esperienza ci insegni a godere di tutti i momenti e a rivalutare le cose più importanti che abbiamo, che sono la famiglia e gli affetti.

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