martedì 30 aprile 2019

Intervista al Professor Calvia

•        Come nasce la sua passione per la musica?
 La passione per la musica non è che viene, la passione  si ha e si scopre a un certo punto, quando  nella  vita scopri un qualcosa che magari non conoscevi prima e cominci a praticarlo: può essere la musica, lo sport , l’arte. È una cosa che può capitare a tutti; è uno dei motivi per cui si viene a scuola, per scoprire quello che magari non pensate di poter fare e un domani realizzarlo. Per me è stato un po’ così,  ho scoperto casualmente che alle scuole elementari c’era un corso di musica e un giorno mio padre, a casa, ha chiesto a me e a mia sorella se volevamo studiare pianoforte, io accettai e così cominciò la mia esperienza nel mondo della musica.

•               Quando è stato il suo primo concerto?
 Quando uno inizia a studiare musica, si prepara e fa dei piccoli saggi, dei concertini e ovviamente le prime volte c’è sempre una grande paura, più che un’ emozione. La prima volta che uno si trova davanti a un pubblico e si esibisce suonando uno strumento,  cantando o recitando una parte, prova una grande paura. Essa, però, è una cosa sana, bisogna avere paura e la si vince quando si studia se si è pronti e preparati; per cui io ho sempre cercato di farlo, per poter vincere quei cinque minuti di paura che c’è quando uno deve mostrarsi davanti agli altri. Questo è il segreto.  Ovviamente la musica, è un’emozione che si cerca di trasmettere alle persone che ti ascoltano. Essa, inoltre è un linguaggio che trasmette sentimenti. Bisogna non pensare più alle note che devi leggere o a come devono andare le dita ma devi cercare di trasmettere qualcosa attraverso la musica.

•                Perché ha scelto proprio il pianoforte ?
Oltre il pianoforte, ho studiato anche clarinetto e sono stato in banda per tanti anni, poi quando avevo sedici anni, mi hanno chiesto di dirigerla e ho accettato; però ovviamente il pianoforte era lo strumento che mi appassionava di più. Ho suonato anche l'organo, però per quella che è la mia personalità, “non funzionava” tanto bene, invece il pianoforte dà molta libertà e permette di suonare anche generi musicali molto diversi tra loro: dal Jazz, alla Classica, alla musica POP, alla Musica Leggera; per cui è uno strumento veramente incredibile che ti permette di suonare diversi generi musicali.

•           Cosa l’ha spinta a svolgere il ruolo di professore ?
Il ruolo di professore è nato molti anni fa, quando studiavo in conservatorio, per guadagnare qualche soldo e per pagarmi gli studi, ho sempre fatto delle lezioni. Mi ricordo che avevo 15-16 anni e facevo dei corsi alle scuole elementari del mio paese e a Cernobbio .  Devo dire che facendo questi corsi ho scoperto quanto era bello avere a che fare con i ragazzi e imparando anche tante cose da loro. Magari potreste non crederlo, ma un insegnante impara molto dagli alunni: ci sono molte cose che noi possiamo apprendere. Lo scambio tra chi insegna e chi riceve deve essere virtuoso, bisogna imparare entrambi e penso di aver imparato tanto: per cui continuo oggi.

•    Quale musicista o compositore l’ha spinta a intraprendere la sua carriera musicale?
All’inizio amavo il jazz. Quando ho iniziato a studiare musica, il mio genere preferito era questo. Mi piaceva per tanti motivi. Però per suonare il jazz devi avere una predisposizione, che io non ho: non sono un jazzista.  Per cui ho scoperto la musica classica e poi la musica e l’opera lirica che è la mia passione. Ci sono tanti compositori che mi piacciono, è difficile sceglierne uno, il mio preferito è Bach, che è uno dei compositori più straordinari; dentro le sue opere secondo me, c’è tutto il senso della musica.   

•    Che esperienza musicale consiglia di fare ai giovani?
Ai giovani consiglio di fare un’esperienza musicale perché la musica fa bene, anche se uno poi un domani non farà il professionista, il professore di musica o lavorerà nell’ambito della musica. L’attività musicale (scientificamente provato) apre la nostra mente e permette al nostro cervello di rielaborare tante cose, di reagire in maniera positiva. Ci permette di essere più veloci nel prendere decisioni e aumenta la nostra sensibilità, la capacità di concentrazione, di attenzione e soprattutto insegna un'abilità che i giovani di oggi (ma anche noi  una volta) hanno grandi difficoltà a fare: ascoltare. Perché la musica si ascolta, non si vede. Oggi molti pensano che la musica si veda e in effetti il mercato della televisione e il mercato musicale propongono dei modelli che sono prima visivi. Poi se qualcuno un giorno volesse studiare musica a livello professionale, non lo potrebbe più fare solamente così, come forse si poteva fare una volta; deve avere un diploma e una laurea. Quindi bisogna studiare il doppio. Io conosco tante persone che per esempio fanno i medici o fanno gli avvocati e hanno una laurea universitaria e in uno strumento musicale.

•    Quali sono stati i suoi problemi più grandi, e come è riuscito ad affrontarli?
I problemi, quando uno studia uno strumento, sono di natura tecnica,  a meno che non si abbiano delle qualità super (ma purtroppo nel mondo sono pochissimi ad averle e chi le ha, le deve coltivare). Sono i problemi che ha anche un atleta. Quando un atleta deve fare delle performance e superarsi ha bisogno di fare un allenamento, di vedersi un po’ dentro, capire quali sono le sue reazioni, quali sono i suoi limiti, le sue possibilità e credere sempre di poter fare un passo avanti perché, se uno si abbandona e dice: “Io non sono capace” questo è un atteggiamento che non può funzionare. Quello che funziona è: “Ci provo in tutti i modi” e quando uno ci prova, sicuramente poi il risultato lo raggiunge. Per cui ci sono difficoltà, come in tutti i campi. 

COMMENTO PERSONALE:
Ringraziamo il professor Calvia per averci dato la possibilità di intervistarlo e per averci raccontato la sua esperienza nell’ambito della musica. Le sue risposte ci hanno colpito molto, non solo per il contenuto ma anche per l’emozione con cui le ha presentate.
Ci ha fatto capire quanto è importante la musica sia per gli adulti che per i ragazzi.

MARCELLA FALCONE, ARIANNA TOTO, AURORA CAZZOLA,  DANIEL BERNASCONI, GABRIELE CHIAPPA E VERONICA PESENTI.
IIIA

Intervista al Professor Pozzi

1-Qual è stato il primo sport che ha praticato?
Il mio primissimo sport? Ho sempre fatto pallanuoto, sempre e solo quello.

2-Com’è nata questa passione?
E’ nata perché vicino a casa mia c’era la società dove lavoro tutt’ora ovvero la Como Nuoto e a quel punto sono entrato che avevo 4 anni e non sono più uscito.

3-Come fa a mantenersi in forma?
Mangio e mi tengo così pieno in modo tale che se per caso arriva una carestia sono sereno.

4-Qual era il suo idolo da bambino?
Il mio idolo da bambino?  In generale erano tutti personaggi sportivi che cambiavano di volta in volta da come andavano le cose, io ho avuto anche idoli sportivi dell’automobilismo come Niki Lauda, oltre ai soliti calciatori.

5-Qual è stata la partita più importante che ha commentato [il professore è anche radiocronista N.d.R]?
Allora, la più importante è stata una partita di coppa campioni: Brescia contro una squadra di Bucarest, quella è stata la partita più bella, è andata anche su Eurosport.

6-E quella allenata?
Quella allenata è stata quella dell’ultima promozione, due anni fa dalla serie B alla serie A

7-Quante squadre allena? E per quante ore?
Io alleno solo la squadra di serie A; l’ho sempre allenata anche se aiuto e dirigo tutto il settore giovanile della mia società. Le mie ragazze si allenano dalle 2 alle 3 ore tutti i giorni, quindi fanno  15/16 ore più la partita ogni settimana.

8-Oltre alla pallanuoto ha qualche altra passione?
Sì, a me piace tantissimo mangiare e guardare la TV; ho tutte le passioni vietate a quelli della mia età, e poi  il giornalismo sportivo, che mi ha sempre appassionato.

9-Perché ha deciso di insegnare a scuola?
Perché dopo aver studiato (sono perito elettronico ed informatico) volevo entrare nell’ambito dell'insegnamento e volevo fare il professore di ginnastica, quindi ho deciso di fare questo lavoro.

10-Come si sente quando perde?
L’ altro ieri [13 febbraio] a Trieste ho perso una partita importante e ho fatto mezz’ora a recitare “un rosario al contrario” dopo di che mi calmo, però rimango agitato tutta la notte: dormo poco… poi me la prendo con qualcuno della squadra al volo (di solito sempre le stesse); dal lunedì torno a pensare costruttivo e sono tranquillo, anche se la prima ora dopo le sconfitte è meglio starmi molto lontano.

Un’immagine che lo ritrae nel suo ruolo di allenatore


Matteo Maggioni, Alessio Pini, Chiara Gaffuri, Nicolò Massini, Amadou Sall e Xhaferdo Oruci
IIIA