giovedì 30 aprile 2020

Raccontiamoci una storia - I RACCONTI

ARIADNA E IL MISTERO DELLA PIETRA PERDUTA di Alicya Perla - 2'D

Iniziò tutto mille anni fa…

...Prima di quel 13 luglio il regno di mia madre Lorelai aveva sempre vissuto in pace e armonia. Nel centro del pianeta, sulla cima del monte Fùtaì, sorgeva il tempio del Dragone, nel quale era custodito un oggetto dai poteri inimmaginabili, l’oracolo.
Esso manteneva l’equilibrio tra il regno del bene e quello del male, ma tutto cambiò quando venne rubato e questo causò la distruzione del graticcio che divideva i due reami…

Erano passati due mesi dall’ultimo attacco del signore oscuro che aveva portato dolore e sofferenza all’interno del nostro pacifico regno. A causa della guerra i villaggi erano distrutti e il popolo a stento riusciva a sopravvivere.
Era il giorno del mio tredicesimo compleanno quando il cielo si coprì di nero e nell’aria si respirava un fetido odore di zolfo. La regina Lorelai ordinò a tutto il suo reame di dirigersi all’interno delle mura del castello per poi alzare una barriera magica intorno ad esso.
Passarono le settimane e la paura e l’incertezza dilagavano all’interno del castello; nessuno sapeva cosa fossero quelle nubi e tutto ciò portò alla ribellione. Un gruppo di braccianti decise di uscire di nascosto dal castello tramite il sistema fognario, ma fu seguito dall’elfo Hatagil che tentò invano di fermarli prima che si riducessero in cenere. L’elfo constatò che al di fuori della barriera a lui non accadde nulla, al contrario dei suoi malcapitati amici umani, e andò subito a riferire dell'accaduto alla regina. Grazie alle informazioni di Hatagil capimmo che l’aria era contaminata da un maleficio lanciato dal regno del male, ma soprattutto constatammo che noi creature magiche ne eravamo immuni; fu allora che decisi di intervenire...
Presi il mio cavallo alato e attraversai le terre ormai devastate dalla guerra fino a quando giunsi al fiume di fuoco che proteggeva il regno delle tenebre. Lasciai il mio cavallo nei pressi del villaggio di Valdavia per addentrarmi segretamente all’interno dell’altro regno. Feci un incantesimo di localizzazione ed entrai dalle segrete in modo da arrivare direttamente all’interno del castello oscuro. Addentrandomi nella fortezza entrai accidentalmente nella stanza delle ricchezze, e qui con mia enorme incredulità tra cumuli di gioielli e tesori, trovai la pietra dell’oracolo. Feci un incantesimo di duplicazione e creai una copia della pietra, e tramite un vortex spaziotemporale inviai l’autentico oracolo nelle mani di mia madre Lorelai. Ora non mi restava che fuggire, ma non prima di aver posto fine alle atrocità del regno del male, mi incamminai quindi nell’ala est del castello ma fu troppo tardi, mi avevano scoperta. Cercai di fuggire ma fu tutto inutile, oramai mi avevano presa. Le guardie goblin mi imprigionarono giù nei bassifondi del castello, in una cella umida e buia.
Passarono le giornate e la mia anima era gioiosa per essere riuscita a salvare il mio regno ma la mia mente era ormai pervasa dall’idea di non veder più la luce del sole, fu allora che guardando fuori da quella piccola finestrella rotonda la vidi, era lei, mia madre con il suo esercito di elfi, erano venuti a salvarmi.
Si scatenò il delirio, goblin ed elfi iniziarono a combattere e nel trambusto generale improvvisamente la porta della cella si aprì, era il piccolo Hatagil.
Scappammo fuori dalla fortezza quando ad un tratto arrivò lui, il malvagio signore oscuro, nessuno l’aveva mai visto e solo nelle favole ne avevo sentito parlare.
Sventammo il suo primo attacco grazie alla polvere di fata che Hatagil aveva con sé, e dopo una serie di colpi magici riuscì a trafiggerlo con la sua stessa spada. Fu allora che in punto di morte il malvagio si rivelò con una frase che cambiò per sempre la mia vita: “Ariadna io sono tuo padre, perdonami”. Scoppiai in lacrime ma mi feci forza, restava solo da riportare l’oracolo all’interno del tempio del Dragone, la pace e l’equilibrio erano finalmente tornati.

mercoledì 29 aprile 2020

martedì 28 aprile 2020

ARTE - IL MIO ALBERO DELLA VITA



Quando mi è stato assegnato il compito di realizzare un progetto ispirato ad un artista moderno o contemporaneo, mi è subito venuto in mente l’Albero della Vita, esposto all’EXPO Milano 2015.
E’ stato il simbolo dell’Italia e trattandosi di EXPO, anche di tutto il mondo. Per questo motivo mi è sembrata una riproduzione artistica adeguata alla difficile situazione che il nostro Paese sta vivendo e che si è diffusa in tutto il Pianeta.
L'Albero della Vita di EXPO è nato dall’idea del direttore artistico del padiglione Italia, Marco Balich.
L’opera evidenzia contemporaneamente i ruoli di scultura e di installazione con rimandi al Rinascimento italiano ed alla struttura pavimentale di Piazza del Campidoglio a Roma, creata da Michelangelo nel XVI secolo.

REALIZZAZIONE

Materiale occorrente:
  • 2 tavolette di polistirolo
  • Spilli
  • Spago
  • Pellicola da cucina
  • Colla Vinavil
  • Colla glitterata (verde, argento e rossa)
  • Bastone di legno ( ho utilizzato il manico di un cucchiaio di legno)
  • Tempere (verde, bianca e rossa)
  • Bandierina italiana
  • 1 stuzzicadente
  • Disegno base

Procedimenti:
  • Fissare il disegno base al polistirolo (una per la base ed una per la cima), rivestirlo con pellicola da cucina e mettere gli spilli seguendo la forma del disegno.


  • Con lo spago, iniziando dal centro, seguire il disegno appoggiandosi agli spilli e fissare lo spago con ulteriori spilli.



  • Dopo aver ricreato il disegno con lo spago, mettere la colla Vinavil sullo spago e attendere che la colla si asciughi (sia per la base  che per la cima).



  • Ricoprire il bastoncino di legno con lo spago e passarlo con la colla.

  • Assemblare la base al bastone ed alla cima (alla cima, una volta asciutta, dare una forma più bombata).



  • Colorare la base e la cima con i colori della bandiera italiana, utilizzando la colla glitterata. 
  • Colorare il bastone con le tempere e passarlo con la colla glitterata.
  • Infine incastrare sulla cima la bandiera italiana. (io l’ho realizzata utilizzando uno stuzzicadenti).



SIMONE GAGLIANO 3^C







   

ARTE

Ecco il lavoro di Alice Quadranti 3B



martedì 21 aprile 2020

La Festa nazionale del 25 aprile - Anniversario della Liberazione d’Italia

La Festa nazionale del 25 aprile ricorda a chi lo ha vissuto e a noi ragazzi il giorno in cui, nel 1945, Milano venne liberata dai nazisti e dai fascisti. Il 25 aprile rappresenta il nuovo inizio dell'Italia democratica, libera e repubblicana. Proprio per questo la città di Milano è stata onorata con la Medaglia d'oro della Resistenza.

Ma cos'è la Resistenza?
«Forse non farò cose importanti, ma la storia è fatta di piccoli gesti anonimi, forse domani morirò, magari prima di quel tedesco, ma tutte le cose che farò prima di morire e la mia morte stessa saranno pezzetti di storia, e tutti i pensieri che sto facendo adesso influiscono sulla mia storia di domani, sulla storia di domani del genere umano».
A pronunciare queste parole è Pin, un ragazzino come noi, protagonista del libro di Italo Calvino "Il sentiero dei nidi di ragno". Magari qualche nostro compagno di terza lo ha letto. Pin è povero e sta soffrendo durante la Seconda Guerra Mondiale, ma non è povero di coraggio e di voglia di fare qualcosa, anche di piccolo, per il suo Paese e per porre fine alla guerra, al fascismo e al nazismo. Pin è un personaggio di fantasia, direte voi! In realtà, nulla sarebbe stato possibile se, come lui, non fossero stati in tantissimi a credere di poter far qualcosa unendosi insieme in quella che è stata chiamata la lotta di Resistenza.

Cos'è la lotta di Resistenza?
Chi combatteva nella Resistenza era un partigiano: i partigiani non erano un esercito vero e proprio, ma erano civili che si armavano come potevano e si riunivano in gruppi per attaccare in ogni modo il nemico. Le loro azioni si affiancavano a quelle degli eserciti alleati, contribuendo in modo determinante alla vittoria.
Tra loro c’erano anche le donne, che lottavano quotidianamente per recuperare i beni di massima necessità, per il sostentamento dei compagni o il trasporto di risorse e informazioni: una di queste era Nilde Iotti, della quale quest’anno si celebrano i 100 anni dalla nascita. Simbolo di imparzialità e paladina nella battaglia per l'emancipazione femminile, è stata partigiana, membro dell’Assemblea costituente, deputata e presidente della Camera dei deputati, quindi terza carica dello Stato, per tredici anni dal 1979 al 1992.
I partigiani e tutte le parti che si opponevano ai nazifascisti (cattolici, comunisti, liberali, socialisti, azionisti, monarchici, anarchici) erano riuniti nel Comitato di Liberazione Nazionale. Dopo la guerra, questo Comitato partecipò attivamente alla nascita della Repubblica, scrivendo la Costituzione, la quale fu ispirata ai princìpi di democrazia e antifascismo.

Ma cos'è la Costituzione?
Le leggi sono tutte importanti ma ce n'è una più importante delle altre: si tratta della Costituzione. In vigore dal 1948 stabilisce i fini dello Stato e i principi relativi alla sua organizzazione e al suo funzionamento. È importante sapere di che cosa si tratta perché al suo interno sono elencati i diritti e i doveri dei cittadini, quindi anche i nostri.
Ecco un estratto del discorso del 1955 rivolto ai giovani da Piero Calamandrei, uno dei componenti dell'Assemblea costituente nominata per scrivere la Costituzione:

"In questa Costituzione c'è dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato, tutti i nostri dolori, tutte le nostre sciagure, le nostre glorie. (...)
Ma ci sono anche umili voci, voci recenti! Quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa Costituzione! Dietro ad ogni articolo di questa Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta. Quindi, quando vi ho detto che questa è una carta morta, no, non è una carta morta, è un testamento, un testamento di centomila morti. Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati, dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione".

Ora a voi la parola: riflessioni, citazioni, informazioni e biografie, esperienze famigliari… i commenti sono lo spazio per la vostra libera espressione.

Il sindaco e tutto il Consiglio Comunale Ragazzi

Raccontiamoci una storia - I RACCONTI

IL FURTO DELLA FELICITÀ di Simone - 3'E

Il 2 giugno 2020 avevo tredici anni, vivevo ad Olgiate, un paese molto vivace e pieno di allegria... Prima che arrivasse lui, Connor, il virus che ruba la felicità di tutti.
Da quando era arrivato, il mondo era diventato grigio e le persone tristi e sole perché, si sa, quando si sta in compagnia, si prova felicità ed è questo quello che non vuole Connor. Anche coloro che governavano ci avevano lasciato soli: nessuno ci poteva aiutare, potevamo contare solo su noi stessi.
Sembrava non esserci nessuna possibilità per noi di uscire da quella questa situazione, ma io avevo speranza. La speranza era quella di trovare persone come me, con il potere di formare uno scudo che ci proteggesse da Connor.
È stato proprio con questa speranza che sono partito. Non sapevo bene dove cercare, ma ho cominciato subito il mio viaggio. Dall’euforia non mi sono accorto di aver camminato per ore; era tardi e non sapevo bene dove accamparmi per la notte, ma dovevo cercare un posto sicuro. Ho notato una piccola grotta e sono subito entrato. Ho dormito davvero bene!
Mi sono alzato ed ho trovato accanto a me un cane, l’ho guardato stranito e, senza nemmeno chiederglielo lui mi dice: “Finalmente ti sei svegliato! “io Sbalordito gli ho risposto rispondo:” Chi sei?” lui mi ha spiegato che era è un cane molto speciale, infatti riusciva a percepire le persone particolari come me.
In un batter d'occhio ho capito che lui può poteva aiutarmi nella mia ricerca.
Insieme siamo riusciti a creare un vero e proprio gruppo di rivolta contro Connor ed eravamo tutti pronti a difendere il mondo. Ma dov'era il nemico?
L'abbiamo cercato per molti giorni e alla fine, con quella poca speranza rimasta, lo abbiamo trovato!
Con la forza dei nostri poteri, che si sono rafforzati grazie all'aiuto della fiducia, della speranza, dell'unione e della rabbia per aver perduto tutto, abbiamo formato uno scudo che ha distrutto Connor.
Era il 15 giugno 2020 eravamo ormai nel pieno dell'estate e grazie alla forza di volontà di tutti, INSIEME, avevamo salvato il mondo.

lunedì 20 aprile 2020

Raccontiamoci una storia - I RACCONTI

LA VITA di Amadeo - 3'E

Henry è un ragazzo di 14 anni, a lui e al suo caro amico Alan piace trascorrere del tempo insieme.  Un giorno ha sentito in TV che si stava diffondendo una malattia chiamata covid-19. Non si è nemmeno preoccupato di ascoltare le notizie fino alla fine, figuriamoci di tener conto del fatto che stavano accadendo cose davvero terribili.  Il virus era in aumento ogni giorno e prendeva più vite. Henry e i suoi amici non sono interessati a questo.  Henry ha una sorella di otto anni asmatica. Ama molto sua sorella e trascorre molto tempo con lei.  Il virus si è diffuso così tanto che ora è una pandemia che ha travolto tutte le persone in casa. Ora le persone possono solo uscire per comprare cibo o fare una breve passeggiata con i loro animali domestici e per questo devono indossare delle maschere perché questo virus è molto pericoloso. Henry non si sentiva bene da diversi giorni, quindi i suoi genitori chiamarono un'ambulanza. Henry è stato infettato dal virus covid -19. Tutta la sua famiglia rimase in quarantena perché forse anche loro potevano avere la malattia. Henry riuscì a superare la malattia, ma dopo essersi ripreso venne a sapere che anche sua sorella era stata infettata dal virus. Era in condizioni molto serie.  A causa delle sue condizioni asmatiche avrebbe potuto perdere la vita. È passato un po' di tempo da quando Henry è stato guarito e incontrerà il suo amico. Alan, il suo migliore amico, gli disse che sarebbe andato tutto bene. Gli disse che probabilmente avrebbero potuto cercare nella biblioteca di suo padre una cura. Non stanno trovando nulla lì. L'uomo non ha mai visto questa malattia. Henry toccò un libro e insieme ad Alan finirono in un altro mondo molto strano. Hanno iniziato a cercare informazioni su dove fossero e su come poter tornare a casa. Lì incontrarono un vecchio che chiese loro cosa volessero in questo posto. I ragazzi gli hanno chiesto cosa era successo. Il vecchio disse loro che adesso erano in un mondo di magia e che potevano uscire da lì solo "scomparendo per quello in cui erano entrati", ma cosa significava? Hanno dovuto capirlo da soli. Venne la cena e dormirono.  Quando si svegliarono, videro davanti ai loro occhi un castello gigante. Andarono là e incontrarono il re di quel regno.  I ragazzi gli chiedono cosa gli è successo. Il re disse loro che aveva una bambina che era stata stregata da un mago invisibile.  Ora stava morendo e non c'era magia che potesse salvare sua figlia. Henry si ricordò della sua sorellina e disse al re che l'avrebbe aiutata a trovare il mago malvagio. Henry e Alan si unirono ai soldati elfi e iniziarono a cercare il mago con loro. Henry tornò al castello e andò nella stanza della piccola principessa. Non appena la vide lì, si ricordò della sua sorellina. Henry abbracciò forte la bambina e quando girò la testa fuori dalla finestra vide un ragazzo vestito di nero. Vide che il ragazzo stava facendo magie alle persone. Henry si rese conto che quel ragazzo era il mago invisibile.  Come Henry è stato in grado di vederla, forse il grande amore e il coraggio che deve salvare sua sorella gli hanno dato questa opportunità. Forse ora aveva l'opportunità di salvare la piccola principessa.  Il mago vide Henry e, molto spaventato, se ne andò. Henry vide che il volto di questo ragazzo, questo mago malvagio era molto triste.  Henry uscì e fece una passeggiata. Lungo la strada si fermò in un lago con acqua cristallina.  Lì ha sentito una voce, era un piccolo pesce.  Henry si bloccò per un momento e poi iniziò a parlare con il pesce. Il pesce gli disse che era un amico della piccola principessa.  Le disse che veniva ogni giorno a incontrarlo ed era una bravissima persona. Ha trattato tutti molto gentilmente e non ha fatto la differenza.  Henry chiese al pesce cosa sapesse del mago.  Il pesce gli disse che in realtà il mago si chiamava Jason e che viveva nella foresta con sua sorella.
Un giorno terribile un elfo ha spinto inavvertitamente la sua sorellina nel lago e lei è annegata. Si sentiva molto triste.  Vide agli occhi della piccola principessa un grande amore e felicità.  Che vide solo in sua sorella. La guardava ogni giorno fino a quando non poteva più farcela. “Quella ragazza avrebbe potuto essere.  mia sorella ma a causa degli elfi non l'ho mai più vista”, disse. Per l'odio che lo ha conquistato, maledice la piccola principessa.
Henry disse al pesce se c'era un modo per sistemare le cose.  Il pesce gli diede un anello con un cristallo magico.  Gli disse di far capire a Jason quello che stava facendo.  Quando tornò al castello, affrontò Jason.  Henry gli disse che tutto ciò che stava facendo era sbagliato.  È vero che quando perdiamo un uomo è molto difficile vivere le nostre vite come prima, ma non dovrebbe ferire la principessa. Probabilmente potrebbe diventare sua amica e forse potrebbe alleviare il dolore anche se era un'elfa, non aveva sensi di colpa. Jason in quel momento iniziò a piangere e Henry usò la magia dell'anello per rimuovere da lui il grande odio per gli elfi.  La principessa si svegliò e uscì.  Jason si scusò con lei, ma la principessa gli disse che non era in colpa. Gli disse che le dispiaceva molto per sua sorella e che le sarebbe piaciuto essere loro amici. Jason era molto felice.
La principessa ringrazia Henry e Alan. Improvvisamente accadde qualcosa, il vecchio mago venne e li prese e li portò a casa.  Ora capivano le parole del vecchio. Furono introdotti lì perché volevano sradicare il virus e sradicare l'odio di Jason.  Henry andò in ospedale e vide che sua sorella si stava riprendendo. Era molto felice. Henry spera che il virus scompaia il più presto possibile. Dobbiamo sempre stare vicini alle persone che amiamo, perché potrebbe essere l'ultimo giorno in cui le vediamo.

Raccontiamoci una storia - I RACCONTI

IL DRAGO INVISIBILE CHE MINACCIA IL MONDO di Elia - 1'A

Io sono Elia Moscatelli e ho 11 anni, ora sono a new York in America. Tutto è iniziato in Italia un po’ di tempo fa quando mi sono iscritto ad un concorso di falconeria e mi sono fatto amico un falco parlante di nome Jeffry. Lui parla perché sennò sarebbe un falco normale. E ora mi segue ovunque vado. Il mio amico è bianco con le ali marroncine e ha degli artigli letali all’estremità delle ali.
Sono stato assunto da un circo americano e per questo sono a New York e sto lasciando volare liberamente Jeffry in giro per il circo visto che in America non ci sono le falconerie. Vicino a new York un vecchio mago ha trovato un uovo di drago di ghiaccio che è visibile solo con il visore notturno. Lo ha fatto schiudere con la magia!
Ora il mago lo sta allevando ma gli ha dato una pozione di crescita istantanea. Però il mago ha dato al drago un potere, e lui ha scoperto un fatto che lo ha fatto impazzire distruggendo tutto: il mago ha cercato di fermarlo ma il suo sforzo è stato vano.
Nel frattempo io sto lavorando al circo e arriva un forte vento e vedo il telone strapparsi. Poi vedo il palo centrale ghiacciarsi; a questo punto scappo insieme a tutti gli spettatori non sapendo che insegue me. Finisco in una sartoria dove c’è un tappeto; ci salgo sopra per sbaglio e inizio a volare e così scappo in Messico con fatica perché il tappeto è complicato da guidare.
Vado in un aeroporto e parto per l’Italia, andando dai miei vecchi amici. C’erano Marco, Link e Simone che mi hanno aiutato a prepararmi a sconfiggere il drago invisibile che minaccia New York rintracciando l’Excalibur di fuoco.
Finalmente acquisto un visore notturno per vedere il drago e posso tornare a New York. Lì   incontro il mago che mi ha svelato il potere del drago, cioè che può vedere il passato e il futuro. Così ha visto i miei antenati che hanno vinto contro un suo parente e quindi è arrabbiato con me.
E cosi devo cercare l’Excalibur di fuoco per sciogliere il drago ma il mago mi ha dato un mantello che mi fa diventare invisibile così posso cercare la spada che è nella terra di nessuno in tranquillità, e uso il tappeto per andare fino là e sconfiggere Ganon che è una creatura mistica.
L’Excalibur è da Ganon e sto andando in Africa centrale per prendere l’arco charge e con la freccia sposto Ganon e passo, la spada è nella roccia e c’è l’arco che lancia la spada. Con l’arco e la spada vado dal drago e prendo la mira per prendere il drago ma non ho una buona mira e lo manco ma corro a prendere la spada e salto su un grattacielo schiantato e lo uso come rampa e salto sopra il drago e infilzo la spada nella schiena del drago e muore.

domenica 19 aprile 2020

Raccontiamoci una storia - I RACCONTI

L'ENIGMA MISTERIOSO E LE MONETE D'ARGENTO di Luigi - 3'D

Will è un ragazzino che frequenta la terza media.
È molto riservato, taciturno e di poche parole.
Dentro di sé, però, ha avuto fin da piccolo un unico desiderio: sconfiggere le forze oscure che popolano il pianeta, proprio come fanno gli eroi nei libri che legge ancora, nonostante la sua età.
I suoi compagni, proprio per questo motivo, lo prendono in giro e lo trattano come se fosse un bambino.
Will può contare solo su due amici: Arthur e Larry, che farebbero di tutto per lui e che riescono a capirlo sempre.
È l’ultimo giorno di scuola, e anche il compleanno di Will, ma lui già avverte che non sarà un compleanno come tutti gli altri.
Dopo giorni di pioggia, finalmente le nuvole hanno fatto spazio al sole che ora si trova lì, alto nel cielo, con tutta la sua luce, e sembra più splendente che mai.
Si sente l’aria fresca dell’estate, gli uccelli che cinguettano, i grilli che cantano nei prati e le urla di gioia dei ragazzi che escono da scuola.
Il venticello estivo fa tornare in mente ai tre amici i momenti di incontro al parco in estate, quando potevano giocare a lungo.
Usciti da scuola, tornano a casa tutti insieme a piedi, come ogni giorno, ma decidono di percorrere una strada più lunga, per passare un po’ più tempo insieme.
Ma c’è un problema.
Nessuno di loro si è mai incamminato per quella direzione, infatti dopo poco finiscono in un bosco, che sembra desolato.
Si smarriscono senza accorgersene.
Arthur intravede in lontananza qualcosa di insolito, e vi si dirigono attratti.
È una piccola casa di campagna, abbandonata e malridotta.
Così, incuriositi, entrano, cercando di non far il minimo rumore, ma Larry calpesta quella che sembra una pietra, ma non una qualsiasi.
Sopra ad essa è inciso un enigma misterioso, formato da caratteri insoliti, mai visti prima.
Almeno per Will e Larry.
Quando ritrovano la strada del ritorno, si incontrano tutti a casa di Arthur, testimone di aver già visto da qualche parte quel tipo di alfabeto.
Salgono in soffitta, dove, in mezzo alla polvere, Bill trova un libro intitolato “Tutte le Curiosità sulla Scrittura”.
Interessati, scoprono, scritto su una pergamena, un alfabeto molto simile a quello dell’enigma, il cosiddetto “Alfabeto Arcanum”.
Esso è un alfabeto anomalo, formato da sole consonanti.
Finalmente riescono a tradurlo:

“Agite adesso, oppure sarà troppo tardi.
Non serve che ci andiate voi, ma vi ci porterà il destino”.

I tre amici, dopo averlo letto ad alta voce, non hanno neanche il tempo di guardarsi, che, in un battibaleno, si apre sotto i loro piedi un tunnel e finiscono improvvisamente in una Terra sconosciuta, chiamata “Isola Ioihi”.
Atterrati sulla terraferma, i tre ragazzi si guardano intorno: questa sembra disabitata, desolata, dimenticata da tutti.
È diversa dalle altre: non si intravedono uccelli, animali, e non si respira aria fresca, ma quella che sembra aria di guai.
I tre ragazzi camminano lentamente, senza farsi distrarre dal minimo rumore.
L’isola sembra distrutta, non da fenomeni atmosferici, ma da qualche potere oscuro.
Will, Arthur e Larry intravedono tra gli arbusti incolti un elfo, che sembra piuttosto spaventato e dimenticato.
Si chiama Eltas.
“Ciao, cos’è successo?” - chiede Will intimorito.
A questo punto, Eltas, racconta ai tre ragazzi di un certo Daemonis, un potente mago oscuro che distrusse tutto quello che c’era sull’isola, tra cui i suoi parenti, la sua famiglia, i suoi amici, ed ora rimane solo la fortezza del malvagio mago.
“Io sono sopravvissuto perché ero riuscito a scappare in tempo” - aggiunge l’elfo.
Poi continua:
“Prima che Daemonis arrivasse sull’isola Ioihi, il capo degli elfi, chiamato il Grande Elfo, possedeva una delle due monete d’argento, mentre l’altra era in mano a suo fratello gemello di nome Galdor”.
Con queste due monete, i gemelli potevano fare di tutto: riuscivano addirittura a far stare in armonia il popolo, non solo dell’isola Ioihi, ma anche tutti gli elfi che abitavano la Terra.
Un giorno, però, accadde che i due fratelli litigarono.
Galdor, da quel giorno, scappò dall’isola, perché voleva avere tutte le due monete d’argento per sé, in modo tale da poter governare tutto” - finisce Eltas.
Allora Arthur chiede: “Che fine ha fatto Galdor?”
Lui risponde: “Un giorno ha incontrato Daemonis, e i due hanno stretto un patto: se Galdor lo avesse aiutato ad uccidere il popolo degli elfi, egli avrebbe ottenuto in cambio tutte e due le monete d’argento, così da poter governare da solo il mondo degli elfi.”
“Ma ora dove sono finite le due monete?” - chiede Larry intimorito.
“Una leggenda narra che Galdor fosse morto e avesse nascosto le due monete in un posto segreto che nessuno sarebbe riuscito a trovare”. - obietta Eltas.
“Per questa missione ci serve il tuo aiuto” - insinua Will.
I tre ragazzi, insieme ad Eltas, trascorrono la notte in una caverna nei paraggi, sfruttando quella serata per presentarsi meglio e discutere più approfonditamente riguardo a quello che fosse successo.
Passano una serata spensierata, senza smettere mai di parlare, finché Will torna a focalizzarsi sulla missione: “Domani dovremo continuare la ricerca delle due monete d’argento! Dobbiamo pianificare il viaggio per domani” - conclude il ragazzo.
Si organizzano in questo modo: ognuno avrebbe portato con sé dei sacchi contenenti tutte le provviste necessarie per il loro viaggio.
La mattina dopo si alzano di buon umore, pensando solo alla loro missione.
Nel giro di qualche settimana attraversano tutta l’isola, finché trovano un altro enigma, che l’elfo Galdor riesce a tradurre facilmente (perché era la sua lingua):
“Se le due monete volete trovare, la vostra ricchezza vi dovrà portare”.
Improvvisamente Arthur esclama entusiasta: “Ma certo! Quando i due fratelli elfi litigarono, Galdor scappò senza che nessuno lo sapesse con Daemonis, nel luogo in cui lui governava”. - continuò Arthur.
Il giorno dopo aver trovato il secondo enigma si incamminano verso la fortezza di Daemonis.
Il viaggio non è facile: le provviste cominciano a scarseggiare, anche la stanchezza fa la sua parte, tormentando i quattro viaggiatori ormai stremati.
Un rumore già sentito dà loro qualche segno di speranza: intravedono un piccolo ruscello, ma quella che scorre non sembra acqua, ma fango.
Non si abbattono, ma continuano ad avanzare con tutte le loro forze.
Dopo giorni di cammino, finalmente arrivano alla fortezza abbandonata: è altissima, formata da mura possenti e robuste, ma di un colore grigio che suscita angoscia, timore.
Una volta entrati, di fronte a loro si apre un'ampia scalinata in marmo che porta alla stanza segreta di Galdor e Daemonis.
Alla loro sinistra scorgono un quadro che rappresenta il giorno in cui i due maghi malvagi distrussero l’isola Ioihi, e la disperazione segnata sul volto del popolo degli elfi.
Arrivati in cima alla scalinata, entrano nella stanza.
Dopo aver cercato a lungo, Larry intravede un luccichio tra lo spesso strato di polvere che avvolge la stanza.
Soffia lì sopra, e un oggetto metallico si rivela.
In quel momento si intravedono tre lettere misteriose incise su una cassaforte: G&D.
“Ci siamo riusciti!” - grida Will - “Queste sono le due iniziali: Galdor & Daemonis!” - conclude.
Grazie ad un incantesimo, Eltas apre la cassaforte, al cui interno si trovano due monete d’argento piccole e luccicanti che emettono un bagliore, forse come un segno di speranza.
L’elfo le prende in mano e tutti e quattro gli amici trasformano l’isola come in principio, e fanno inoltre tornare in vita tutti gli elfi, tra cui il capo, Grande Elfo e suo fratello Eltas, che torna buono.
I due fanno pace e tornano alla felicità di un tempo.
Infine, Larry distrugge le due monete d’argento, in modo tale che nessuno potesse più cambiare il destino dell’isola Ioihi, perché la pace, la gioia e l’armonia tra un popolo sono la cosa più bella.
Fu così che i tre amici, dopo aver festeggiato con tutto il popolo degli elfi, tornarono alla realtà, ognuno a casa loro, più soddisfatti che mai, con un dono da parte del popolo degli elfi: una collana d’oro, grazie alla quale, una volta indossata, avrebbero avuto la possibilità di tornare sull’isola Ioihi.
Ma dovevano mantenere segreta l’esistenza del popolo degli elfi, altrimenti le collane avrebbero perso il loro valore e sarebbe stato impossibile tornare in quel luogo magico.
Da quel giorno i tre amici capirono che, per realizzare i sogni, basta crederci, come Will e i suoi eroi dei fumetti.
Ma non impararono solo quello: la loro “ricchezza”, come citava l’enigma, non era solo la loro capacità di intuire, ma era soprattutto la forza dell’amicizia, che vince sempre contro il male!

Raccontiamoci una storia - I RACCONTI

COME SALVAI LE CALOTTE POLARI di Ivan e Cristian - 2'D

Da qualche parte nel polo nord viveva un pinguino di nome Jimmy.
Lui e i suoi simili avevano la strabiliante capacità di parlare con gli uomini ma non ne erano a conoscenza.
Jimmy era un individuo come gli altri, senza nulla di speciale: viveva una vita normale, aveva due genitori di nome Kate e Michael, un migliore amico di nome Jay e tutto il resto delle cose che fa un pinguino semplice tranne una cosa che non subiscono tutti: era bullizzato da tutti, l’intero villaggio lo scherzava ad eccezione del suo migliore amico, anche lui bullizzato.
Quei pinguini però conducevano una vita traumatica: ogni giorno subivano la disgrazia di perdere tonnellate di ghiaccio a causa dell’innalzamento delle temperature che provoca questo fenomeno.
Tutti ne erano al corrente e tutti volevano porre fine a ciò tranne il capo del loro branco, il Pinguino Supremo che non pensava a provvedimenti mentre gli altri volevano fare qualcosa soprattutto i due protagonisti: loro volevano andare a ribellarsi contro gli umani che erano causa di tutto questo, una volta diventati adulti.
Lo scioglimento portava ogni giorno innumerevoli vittime che suscitavano sempre più rabbia nei cuori degli abitanti e sempre più voglia di vendetta nei confronti degli umani che liberavano il loro petrolio nel mare.
Un giorno Jimmy venne colpito in particolare dai bulli: lo inseguirono per i ghiacciai per ben due ore alla ricerca di una rissa dopo, dato che non lo riuscivano a prendere, lo lasciarono andare minacciandolo che l’indomani sarebbe successa la stessa cosa.
Tornato verso casa in ritardo non trovò nell’abitazione i genitori e cominciò a cercarli.
Dopo dieci minuti di disperata ricerca trovò due cadaveri seppelliti da una lastra di ghiaccio di almeno tre tonnellate; lì andò nel panico: si mise a piangere e cercò di tirare fuori i cadaveri.
Dato che non ci riusciva corse a casa di Jay a chiedere aiuto e portò tutti davanti alla lastra per fargli vedere: lì la mamma di Jay scoppiò in lacrime.
Girarono intorno alla lastra e videro una nave petrolifera che stava affondando: lì Jimmy provò una rabbia indescrivibile nei confronti degli umani.
Dopo una notte di insonnia Jimmy andò a scuola dove i bulli diedero prova della loro affidabilità nelle promesse picchiandolo senza pietà ma Jimmy non lasciò correre: appena i bulli lo mollarono lui con un balzo piombò sulla testa di Trevor, il capo dei bulli, riempiendolo di pugni, sembrava la scena di un film di azione.
Dopo averle date ai bulli, entrò a scuola dove tutti lo accolsero con le condoglianze più sincere e a quel punto… si svegliò! Era tutto un sogno dato che lui era profondamente rispettoso delle regole e non avrebbe mai fatto una cosa del genere; erano le 7:30 e non c’era sua mamma a svegliarlo con una tazza di cioccolata e dei marshmellow ma doveva andare a scuola.
Lì prese le botte da Trevor e la sua gang e perse i sensi.
Si risvegliò dopo due ore all’ospedale con una fasciatura alla testa e tutto il corpo dolorante.
Arrivò l’infermiera e gli disse che Trevor e la sua banda erano finiti nel carcere minorile e che una nave petrolifera era affondata vicino a casa sua (e questo lo sapeva già) e che era rimasta viva una ricercatrice amante dei pinguini di nome Mary che voleva visitarti.
Subito entrò nell’igloo una ragazza con i capelli rossi e le lentiggini che cominciò a cercare disperatamente Jimmy.
Lo trovò subito dato che per un umano non era tanto grande come costruzione.
Con stupore ammirava la fasciatura del protagonista: chi poteva averlo mai medicato così bene dato che c’erano solo pinguini sul ghiacciaio?
“ciao” disse la ragazza
“ciao” ribattè il pinguino
“che stupida che sono, tu non puoi parlare… Aspetta un attimo: SAI PARLARE?!?!?”
“beh a quanto pare” rispose il pinguino.
“chi ti ha fatto questa fasciatura??” chiese Mary
“il mio medico” rispose Jimmy con stupore per la domanda
“devi salvarci” comincio il protagonista
“da cosa??” rispose la ragazza interessata
“dalle navi che i tuoi simili continuano a portare qui per scaricare le scorie; lo sai che i miei genitori sono MORTI ieri per colpa di una delle tue navi che ha colpito l’iceberg e loro con esso?!?!” disse adirato il pinguino.
“mi dispiace per quegli incivili: sono anni che cerco di convincerli a smettere di portare qui le loro navi… ma non ci sono mai riuscita” rispose rattristata la ragazza
“DOBBIAMO FARE QUALCOSA!!!” dissero in coro
Dopo due ore di discussione su come poter convincere gli inquinatori a smettere: sarebbe andato Jimmy stesso a convincerli con le sue parole strappalacrime, ma in che modo?? Tempo di salire a bordo che un uomo dell’equipaggio lo avrebbe ucciso, quindi sarebbe entrato scortato da Mary fino alla sala di controllo dove avrebbe parlato a James di persona.
Quindi il piano era fatto: bisognava solo aspettare il giorno dopo a mezzogiorno quando la nave sarebbe attraccata per scaricare i rifiuti… ma aspetta un secondo      MANCA JAY!! Jimmy disse subito a Mary che il suo piano non sarebbe cominciato senza il suo migliore amico; Mary accettò anche se era consapevole che avrebbe dovuto controllare due pinguini quindi il doppio della fatica.
Dopo aver comunicato la sua idea a Jay tornò in ospedale dove era costretto a passare la notte per sicurezza.
La mattina seguente alle 10:30 i tre si trovarono davanti alla casa di Jimmy dove erano pronti ad agire: ripassarono il piano e poi… ecco la nave era venuta con 10 minuti di anticipo… sembrava fatto apposta per il piano.
Ovviamente tutto filò liscio grazie alle strabilianti capacità della ragazza di passare inosservata.
Arrivati alla sala di controllo restava solo una cosa da fare: far parlare il team JJ (era il nome che si erano dati per l’operazione).
Jay però decise di non aprire la bocca: era una questione esclusivamente di Jimmy e quindi sembrava rispettoso lasciare la scena a lui.
Cominciò Jimmy: “scusi signor… James ecco volevo fare due chiacchiere con lei”
“ma ma ma tu parli!!!” disse James stupito.
“sì signor capitano e volevo anche raccontarle una storia: da ormai tre anni voi umani continuate a scaricare rifiuti puzzolenti qui e a rovinare sempre di più il nostro habitat.
Le faccio un esempio recente: proprio l’altro ieri una sua nave è andata a schiantarsi contro il nostro iceberg distruggendo gran parte della sua superficie tra cui la mia casa con i miei genitori dentro!!!
Questo problema non riguarda solo noi pinguini ma anche voi umani! Questa ragazza mi ha raccontato che c’è un notevole cambiamento climatico da quando le calotte polari iniziarono a sciogliersi e quindi vorrei chiederle gentilmente di smetterla di venire qui perché molto presto sarà un danno non solo per noi ma anche per voi!!
Non è mica positivo che i mari aumentino di livello!!”
Il capitano rimase colpito così tanto che giurò che finché lui fosse rimasto in vita non avrebbe permesso a niente e nessuno che fossero toccate le calotte polari.
Nel giro di qualche anno, Jimmy, ormai cresciuto diventò famoso come il pinguino che salvò le calotte polari.

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VIAGGIO IN UN MONDO STRAORDINARIO di Sara - 1'E

Era il 24 giugno, una normalissima giornata d'estate. Due ragazzi di nome Anna e Andrea giocavano a calcio nel loro giardino quando, a un certo punto, la palla andò a finire in una siepe. I ragazzi andarono a cercarla e lì vicino trovarono una leva, con sopra scritto: non toccare! I due ragazzi, che erano molto curiosi, non badarono all’avvertimento e la tirarono. Quello che successe dopo stupì molto i ragazzi…
Si aprì un tunnel sotterraneo di cui non conoscevano l’esistenza, e vi scivolarono dentro. Giunsero in un mondo fantastico, pieno di creature straordinarie di tutti i tipi: streghe, maghi, centauri, unicorni, fate ed elfi. Loro stessi vennero trasformati in fate ed elfi. Camminando attraverso una stradina di color oro, si imbatterono in una serie di piccoli negozietti dai nomi molto stravaganti: “Il supermarket di Elfilandia, l’abbigliamento di streghe e dragoni e molti altri. Ma il negozietto che attirò la loro attenzione era quello che portava il nome “Supermarket dei centauri alla riscossa”.
All’ingresso trovarono un centauro che si chiamava Furio, il quale spiegò loro perché quella leva si trovava proprio nel loro giardino. Egli raccontò che tantissimo tempo fa il loro paese si chiamava Rainbow Town dove tutti erano felici; ma un giorno arrivò una persona non molto affidabile, che all’inizio si fece influenzare dalla loro felicità ma poco tempo dopo divenne una persona veramente malvagia. Obbligò la gente a costruire per lui un castello, sulla cima più alta della collina di quella città. Decise di lanciare una maledizione a tutte le persone entrate per caso in quel mondo: tutti gli abitanti di questo paese sarebbero diventati personaggi fantastici. Lui stesso ricordava perfettamente il giorno in cui venne trasformato in un centauro. Il centauro continuò: - Anna e Andrea, voi siete gli eredi di colui che è entrato per primo in questo mondo, colui che ha provato a sconfiggere per primo l’uomo malvagio, Invisible Man. Se voi non riuscirete a sconfiggerlo avrete la sua stessa sorte.
E il centauro scomparve.
I ragazzi, quindi, per salvare la città, decisero di mettersi in cammino alla ricerca di Invisible Man. Partirono con uno zaino con dentro il necessario che era stato dato loro dal centauro.
I ragazzi frugarono nello zaino per vedere un po’ cosa c’era all’interno: notarono una boccetta con un liquido viola: - che sarà mai? - esclamarono i ragazzi.
Proseguendo lungo il cammino, incontrarono un troll e i ragazzi impreparati e spaventati non seppero cosa fare, quando ad Andrea venne un’idea: - senti Anna, dobbiamo trovare qualcosa dello zaino o siamo fritti! -
Anna rispose: - utilizziamo un po’ del liquido viola cosi vediamo anche a cosa serve!! -
Quindi presero col dito una goccia di liquido e, senza che il troll se ne accorgesse, gliela misero sul piede e all’improvviso il troll diventò minuscolo, come un granello di polvere!!
Questa era la prima prova per raggiungere il castello di Invisible Man.
I ragazzi si rimisero in cammino. Ma presto la stanchezza si fece sentire. Loro, sapendo che c’era ancora tanta strada da fare, pensarono che non fosse ancora il momento di fermarsi e abbattersi.

Camminando lungo il sentiero denominato “La strada buia”, incontrarono un drago a tre teste; questa era la seconda prova da superare.
Anna si mise a urlare per la paura mentre Andrea le diceva di stare calma perché avrebbero potuto utilizzare ancora il liquido viola.
In quel momento il drago stava per sputare fuoco, quando Andrea prese ancora una goccia di liquido viola e la posò sull’unghia della zampa del drago: esso si pietrificò.
I ragazzi esultarono, ma c’era ancora molta strada da fare.
A questo punto si trovarono davanti la terza prova, stavolta veramente complessa: incontrarono il temutissimo Basilisco. I ragazzi si ricordarono gli avvertimenti del centauro che disse: - se incontrate il basilisco lungo il cammino, non guardatelo negli occhi o rimarrete per sempre pietrificati! -
Allora Anna si affrettò a prendere la boccetta, quando si accorse che il liquido viola era finito. Era disperata, l’unico che poteva consolarla era suo fratello Andrea, che non era affatto demoralizzato. Aveva infatti trovato una pergamena parlante, la quale disse loro:
“Cari ragazzi, so che aprirete questa pergamena quando il liquido viola sarà finito. A questo punto, l’unico modo per sconfiggere il Basilisco è guardarlo negli occhi per un minuto senza staccare lo sguardo o sarà la vostra fine! “
La voce della pergamena era proprio quella del centauro! Quindi i ragazzi si fidarono del consiglio. Andrea voleva tentare la sorte da solo, ma Anna decise che era giusto farlo insieme. Dopo averlo fissato negli occhi per pochi secondi, il Basilisco si pietrificò!
Dopo essersi abbracciati per la gioia, dietro una grande quercia secolare, scorsero le mura del castello. Davanti a loro si apriva una stradina stretta, fatta di pietre sfalsate, vecchie e danneggiate, piena di rovi e strane creaturine che tentavano ancora di interrompere il loro cammino. Ma ormai loro due erano come protetti da una sorta di incantesimo che faceva superare loro ogni ostacolo e paura. Arrivati al ponte levatoio, davanti a loro si presentava un castello buio. Ma si fecero coraggio ed entrarono. Ad accoglierli vi erano numerose ragnatele, scale e stanze. La missione dei ragazzi ora era quella di trovare Invisible Man, e l’unico modo per trovarlo era quello di ascoltare con attenzione tutti i rumori. Salirono al terzo piano; erano molto stanchi, ma dopo qualche minuto sentirono dei passi, un colpo di tosse e uno starnuto. Furono assaliti da una sensazione mista di gioia e paura, e si ricordarono un altro consiglio del centauro: - Per far apparire Invisible Man, dovete cercare uno spray di vernice nera da spruzzare in prossimità dei rumori che sentite. –
Anna cercò in lungo e in largo, e alla fine trovò lo spray nero nascosto in una scatola di latta dentro un vecchio armadio. Lo prese e lo spruzzò dove sentiva il rumore e Invisible Man apparve, come per magia, davanti ai loro occhi!
Era un uomo altissimo, barbuto e vestito tutto di nero. Portava una maschera che copriva la sua bocca. Gli occhi erano di color verde smeraldo, e incutevano paura.
Andrea nel frattempo trovò un’altra fiala di liquido viola e lo spruzzò sulla gamba dell’uomo facendolo rimpicciolire come era successo prima!!
I ragazzi tornarono dal centauro e gli annunciarono la buona notizia. Per l’occasione organizzarono una bellissima festa con un banchetto che sembrava dovesse servire per un esercito! Alla fine della grande festa il centauro regalò ai ragazzi una pozione e un pacchetto. La pozione li aiutò a tornare a casa e dentro il pacchetto invece c’era una pergamena da leggere a casa da soli.
Appena tornati a casa si accorsero che era ancora pomeriggio e che i genitori non erano preoccupati per la loro assenza. Si resero quindi conto che, se in quel bellissimo mondo erano passati due giorni, nel mondo reale erano passate solo due ore!
Passarono diversi mesi, arrivò l’autunno e ai ragazzi venne nostalgia di quella meravigliosa giornata. Tornarono in quel punto del giardino per vedere se la leva c’era ancora, ma nessuna traccia. In quell’istante si ricordarono che, presi dall’entusiasmo di raccontare quell’avventura ai loro amici, si dimenticarono di leggere la pergamena. Così la aprirono e sopra c’era scritta una formula magica che serviva per far apparire la leva e farli ripiombare in quella magica dimensione.

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I COLORI DELL'ARCOBALENO di Emil - 3'E

Piacere, sono Timur. Ho quattordici anni e vivo in un villaggio del Kazakistan settentrionale, insieme alla mia famiglia: papà, mamma, due fratelli e due gatti. Sono un tipo qualunque, nulla di eccezionale, ma nel giro di poche ore mi è capitato qualcosa che vi voglio raccontare perché potrebbe aver cambiato la vita di ciascuno di voi.
Correva l’anno 2020, febbraio, una giornata anonima, come le altre. Noi figli a scuola, i genitori al lavoro, traffico intenso sulle strade, fabbriche in frenetica attività. Tutti fuori, ognuno impegnato a fare qualcosa. Rincasiamo in momenti diversi, ora che ci ritroviamo tutti è già buio. Televisione, computer, tablet, smartphone, casse… tutto acceso. C’è molta confusione: le voci, i suoni, i rumori, le notizie, le canzoni si sovrappongono in un cluster incomprensibile. Nessuno ascolta, nessuno di noi dice una parola. A un certo punto uno scoppio, il nero totale, il silenzio, dentro e fuori casa. Chi mi sta intorno cade in un sonno improvviso, solo io rimango cosciente. Mi si presenta una luce color bordeaux che avvolge un essere informe, viscido, il quale, con voce aggressiva, a tratti sussurrata, mi comunica che ha preso possesso del pianeta Terra e di tutti i suoi abitanti. «Da ora in poi comando io! Sono padrone di terre, acque, esseri viventi, di tutto. Ho tolto agli umani la possibilità di comunicare tra loro e ho iniettato nel sangue di ciascuno dosi massicce di indifferenza, di egoismo e di invidia. Non osate più uscire dalle vostre case perché, per ognuno che metterà piede fuori, riverserò un secchio d’acqua negli oceani, nei mari, nei fiumi, nei laghi, in tutti gli specchi e i corsi d’acqua. Morirete sommersi, se non mi obbedite, e con voi spariranno le terre, una volta per tutte!». Ecco, questo mi ha detto. Ma perché proprio a me? Perché solo io avrei dovuto conoscere queste terribili intenzioni? Cosa fare?
Mi addormento con questi dubbi e, la mattina dopo, la giornata ricomincia come al solito: scuola, pranzo, sport, compiti, attività al centro civico, traffico, code, negozi pieni, ristoranti affollati, cinema, tutto come prima. Mi accorgo, però, che le persone sembrano più litigiose: urlano, si arrabbiano per niente, si spintonano… Non che non lo facessero anche prima, ma oggi in maniera esagerata. Ripenso all’essere informe. E se fosse tutto vero? Se la mia non fosse stata solo immaginazione? Decido di partire per un giro di ricognizione, insieme ai miei due gatti, alla talpa del mio giardino, al corvo che becca i tozzi di pane avanzato e al pesce rosso della fontana del mio vicino. Intanto le televisioni, a reti unificate, annunciano alla popolazione l’obbligo di stare in casa, di non uscire per nessuna ragione. Non danno spiegazioni, ordinano e basta. Insieme ai miei amici animali, vedo persone che passeggiano guardando le vetrine dei negozi, gruppi di ragazzi che giocano nel campetto vicino alla chiesa, automobilisti che sfrecciano lungo le strade facendo perdere l’equilibrio a coloro che si spostano in bicicletta o in scooter, aerei che rigano il cielo, famiglie che fanno gite in barca sul mar Caspio, pescatori in cerca di trote sul fiume Ural. Per ogni persona fuori casa, il livello dell’acqua aumenta davvero… il famoso secchio riversato dall’essere informe! Aiuto! Che paura! Devo fare qualcosa! Inizio a correre gridando a gran voce che siamo tutti vittime di un sortilegio, che dobbiamo stare in casa, altrimenti le acque ci sommergeranno in breve tempo. Incarico la talpa di dare notizia agli esseri che vivono sottoterra, il corvo di avvisare tutti quelli che volano, il pesce rosso deve passare a setaccio dapprima le acque dolci, dopodiché, grazie a una particolare maschera salina, si può gettare anche in mare e negli oceani, i miei due gatti, molto agili, si arrampicano in luoghi per me impervi. Insomma, ci diamo un gran da fare per diffondere la terribile notizia e spiegare che è importante che tutti seguano le limitazioni comunicate attraverso le televisioni. Purtroppo, le dosi di indifferenza, egoismo, invidia, iniettate nelle vene degli esseri viventi non ci hanno permesso di farci ascoltare dalla popolazione. Ognuno rivendicava il diritto di essere libero, di potersi muovere e spostare a proprio piacimento, ognuno pensava a se stesso guardando con invidia chi aveva più di lui, nessuno pensava al pericolo che correva l’intera umanità. Dicevano: «Che mi importa dell’innalzamento degli oceani? Io vivo nell’entroterra, che si preoccupino quelli che abitano sulle coste!» oppure «Non siamo sotto una dittatura, non possono costringerci in casa! Chi dà queste informazioni assurde? Ci vogliono controllare e manipolare? Io sono libero e faccio quello che voglio!». Queste erano le risposte, a nulla serviva il nostro impegno, ormai ognuno pensava per sé e non si fidava dell’altro. L’opera di divisione, di isolamento, di cattiveria reciproca, voluta dall’essere informe, sembrava avere successo. Intanto il livello delle acque continuava a crescere. Tutto era pronto affinché questo essere maligno potesse prendere il comando definitivo del nostro pianeta. Bisognava fermarlo. Ma come? Ormai l’indifferenza più totale aveva pervaso gli animi: le persone continuavano a uscire, a svolgere la loro vita di sempre e le acque stavano prendendo il posto delle terre. Possibile che nessuno si accorgesse, che nessuno si preoccupasse, che nessuno vedesse il pericolo incombente di estinzione? Erano tutti così terribilmente egocentrici, anche i miei genitori e i miei fratelli, la rabbia aveva invaso anche la nostra casa. A un certo punto vedo arrivare i miei amici animali con delle sorprese: il pesciolino rosso porta in cucina delle conchiglie, con le quali prepara degli ottimi spaghetti al sapore di mare, il corvo abbellisce i capelli di mia mamma intrecciandoli con un ramoscello fiorito, la talpa ribalta le zolle di terra e prepara il nostro giardino ormai distrutto per una nuova semina, i due gatti fanno divertire i miei fratelli con sonagli e legnetti. Tra di noi si comincia a respirare un’aria più serena, allegra. I gesti compiuti da quei piccoli animali ci hanno donato sollievo, sono ripresi i sorrisi, gli sguardi complici e divertiti.  «Allora si può!» - ho pensato. «Per un periodo, finché non sconfiggeremo l’essere informe, possiamo riuscire a non spostarci da casa, evitando di fare innalzare il livello delle acque. Basta organizzarsi e rispettare le regole». I miei piccoli amici, col loro esempio, mi avevano dato un’idea che si sarebbe rivelata vincente: il male si può sconfiggere solo con il bene, questo è l’antidoto! Si trattava di osteggiare l’egoismo, l’indifferenza, l’invidia che ormai erano prevalenti nel nostro mondo con l’altruismo, la generosità, la partecipazione, l’interessamento e la solidarietà. Bisognava organizzare un modello di soccorso reciproco tra le persone, in modo che potessero rimanere il più possibile nelle loro abitazioni e che gli spostamenti fossero limitati a pochi. In questo modo le acque non sarebbero straripate e il piano dell’essere informe poteva essere annientato. Con l’aiuto dei miei amici animali e della mia famiglia, finalmente riconquistata, ho iniziato a portare i generi di prima necessità agli abitanti del mio villaggio, i medicinali agli ammalati, i momenti di gioco per i più piccoli. Un po’ per volta anche i vicini di casa e gli altri concittadini hanno seguito il nostro esempio. Così qualcuno si occupava della spesa per tutti, qualcuno delle cure, qualcuno dello svago, altri dell’istruzione. Ognuno dedicava il proprio tempo al prossimo, gli spostamenti si sono ridotti al minimo, solo per necessità, di conseguenza venivano versati sempre meno secchi d’acqua nei fiumi, nei laghi e nei mari. Questo modello di società solidale si è diffuso per tutto il Kazakistan, poi nell’Asia, in Europa fino a raggiungere tutti i continenti. Col passare dei mesi la situazione si è stabilizzata, il pericolo inondazione è stato scongiurato. Ormai gli esseri viventi non erano più sopraffatti dall’egoismo, dall’odio, dalla cattiveria: avevano imparato il valore del bene, il piacere di dedicarsi agli altri, la pienezza che deriva dal donare e dall’agire gratuito, avevano imparato a collaborare, a seguire le regole nel rispetto di tutti. In questo clima di azioni e sentimenti benevoli l’essere informe non ha più trovato terreno fertile per attuare il suo piano.
Non so dirvi che fine abbia fatto. Posso solo immaginare che quella sua luce inquietante, bordeaux, si sia tramutata nei colori accesi dell’arcobaleno. L‘arcobaleno che compare, illuminato dal sole, dopo la tempesta, disegnando un ponte di speranza nel cielo. L’arcobaleno che vedo in questo momento: sembra voler riconciliare la terra con lo spazio infinito, i sentimenti buoni di ciascuno con il Bene assoluto.

Raccontiamoci una storia - I RACCONTI

LA RAGAZZA E IL NEMICO INVISIBILE di Annamaria - 1'B

C’era una volta una ragazza di nome Anna che aveva 11 anni che si era trasferita in una nuova città a causa del lavoro dei suoi genitori. Faceva fatica a fare nuove amicizie perché era timida, parlava poco e le mancava la sua vecchia scuola dove aveva tanti amici con cui giocare, divertirsi ed interagire senza problemi. Inoltre, era molto appassionata alla danza, e le mancavano le sue compagne. Quello era il suo grande desiderio: diventare una grande ballerina ma non riusciva a comunicare con i suoi nuovi compagni di scuola e li osservava da lontano. Avrebbe voluto che fosse stato facile come quando si trovava a danzare nella sua stanza, dove nessuno la poteva fermare, libera e sicura di sé. Un giorno all’improvviso alcune ragazze le fecero un sorriso e i complimenti, così le sue paure e la sua timidezza si sciolsero e inizio a fare amicizia (e riuscì a farsi capire) con alcune amiche di classe che come lei amavano la danza. Lasciando da parte i pregiudizi, riuscì a fare amicizia ed a farsi capire. Mentre andava tutto bene, il mondo fu invaso da un nuovo nemico. Era capace di tutto, di causare malattie e morte, sofferenze e distruzione, tanto che mise in ginocchio intere nazioni. La città cominciò a soffrire di fame e di sete. I negozi erano chiusi, le strade deserte e sembrava che tutto cambiasse colore: i prati ingialliti, le piante non fiorivano più, gli uccelli lasciavano le città in cerca di posti migliori. Sembrava che il sole non riscaldasse più, in quanto una nube copriva il cielo e non lasciava penetrare i raggi solari. Le nuvole piangevano attraverso gocce di pioggia. Erano così numerose e incessanti queste lacrime che non riuscivano mai ad asciugarsi. Faceva freddo e il terrore che questo nemico oscuro incuteva aumentava ancora di più assieme alla paura che si impossessava dei nostri corpi e delle nostre menti. Per mettere fine a tutto questo l’umanità decise di mandare i più bravi cavalieri in cerca di questo nemico invisibile per poi distruggerlo, così partirono da lontani continenti, muniti di carrozze di ferro e di spade affilate. Ci misero così tanti giorni che nemmeno loro sapevano più dove si trovavano. Si misero a cercare dappertutto ma da nessuna parte saltò fuori. In tanto trovarono tanti morti e malati che non aspettavano altro che essere liberati da questo male. Anche Anna era preoccupata nel sentire i suoi genitori parlare a bassa voce di questo male, e noi ragazzi eravamo costretti a stare a casa e non andare più a scuola. Potevano solo aspettare che i cavalieri tornassero per salvarci da questa piaga che ci teneva tutti separati ma vicini con il cuore. Non capivo perché non potevo più stare con i nuovi amici, andare a scuola e non poter più danzare. Le nostre vite improvvisamente cambiarono e incominciavano ad apprezzare tutto quanto. I cavalieri, affamati e stanchi di viaggiare a vuoto senza trovare nulla, decisero di fermarsi in un paesino, dove potevano pure i loro cavalli riposare. Persino i vestiti dei cavalieri erano scoloriti e avevano perso l’orientamento. Videro da lontano delle mura alte; si avvicinarono e videro un piccolo bambino con la sua mamma che li invitarono ad entrare per trovare un po’ di sollievo per rifocillarsi e lavarsi. Diede loro acqua e una tavoletta piccola profumata che se la strofinavi, faceva una specie di schiuma e rendeva la pelle bella e pulita. Questa tavoletta era magica. Poi la donna diede loro dei vestiti puliti e l’invitò a tavola. Tutto intorno a loro era verde in questo piccolo regno, la gente era allegra, serena ed in salute. I cavalieri si stupirono di com’era possibile che questa oasi di vita non fosse colpita dal nemico. Si chiesero come mai il nemico che stavano cercando da giorni non aveva ancora raggiunto questi territori. Ma poi che cos’era questa tavoletta che toglieva ogni sporcizia? La mamma portò i cavalieri nel suo laboratorio dove teneva un particolare apparecchio chiamato microscopio. Questo faceva ingrandire le cose minuscole, ed è così che fece vedere ai cavalieri il loro nemico che cercava da tanto tempo. Com’era possibile che una cosa così minuscola potesse distruggere tutta l’umanità? La donna spiegò loro che la sua forza stava proprio nell’invisibilità: più era invisibile e più era veloce a diffondersi ed a penetrare nei corpi umani. Di conseguenza pericolosa, una vera minaccia. Costruiva il suo impero e si nutriva di questi corpi togliendo a loro il respiro e la possibilità di vivere. Ma questa tavoletta magica si chiama SAPONE ed è un’arma letale per questo nemico. Diede a loro dei campioni e insegnò loro la sua formula per prepararlo da soli: però disse la donna che per vincere questa battaglia e neutralizzare il loro nemico, avrebbero dovuto seguire delle regole ben precise fino a quando tutto non fosse finito. Incuriositi, i cavalieri presero nota di tutto quello che la donna diceva. Potevano portare al termine la loro missione e non dovevano dimenticare nulla. Cosa hanno scritto i cavalieri non si sa ma ho potuto informarmi di persona, e ho scoperto che c’è una leggenda che riporta le regole che questi cavalieri avevano scritto: LAVARSI LE MANI CON SAPONE, DISINFETTARE CON PRODOTTI ALCOLICI, EVITARE DI STARE NEI POSTI AFFOLLATI, RISPETTARE LA DISTANZA DI SICUREZZA, STARNUTIRE E TOSSIRE NEL FAZZOLETTO E GETTARLO SUBITO IN UN SACCHETTO CHIUSO… SE E NECESSARIO USARE LE MASCHERINE. E così il MONDO ricominciò di nuovo a vivere. Le mamme insegnano ai figli queste regole perché sono loro che costruirono il mondo e sconfiggere ogni nemico, visibile e invisibile, anche il nemico dal codice segreto COVID 19. E io tornai ad essere felice con la mia famiglia e i miei nuovi amici e soprattutto cominciai di nuovo a DANZARE.

Raccontiamoci una storia - I RACCONTI

LOTTERÒ FINO A QUANDO STAREMO INSIEME di Borana - 3'C

Huan era una ragazza di 14 anni che viveva a Pechino, in Cina.
Era una ragazza testarda, sempre in cerca di nuove avventure. Abitava in città con suo nonno Liang perché i suoi genitori lavorano all’estero, mentre la nonna era deceduta pochi mesi prima per un tumore al cuore. In Cina ultimamente le cose incominciavano a degenerare: si sentivano ambulanze sfrecciare di continuo, c’erano nelle varie regioni centinaia di morti al giorno e i telegiornali non facevano altro che parlare dei nuovi contagiati di Coronavirus, uno strano virus influenzale che stava arrecando tanto male.
Così, per la sicurezza di tutti, il ministero cinese aveva vietato di uscire di casa e imposto delle nuove regole in modo da non far aumentare il numero dei contagiati.
Dopo due settimane di quarantena, verso l’una di notte, Huan decise di uscire alla ricerca di nuove esperienze. Andò al lago vicino a casa sua. Appena arrivò, tutto le pareva molto strano, l’acqua sembrava diventare più profonda e cambiare colore. Mentre era intenta a ritornare dal nonno, incominciò a sentire delle urla assordanti provenienti dal lago, così decise di entrare nell’acqua.
Era molto fredda, quasi congelata, più densa del solito e quindi era molto faticoso nuotare tanto da rischiare di annegare; infatti, la ragazza si sentiva soffocare.
Improvvisamente qualcosa o qualcuno afferrò il suo piede trascinandola sempre più in profondità e la portò in un altro mondo. Senza capire cosa fosse successo. Huan si ritrovò in mezzo ad un bosco oscuro, non c’era nessuno, faceva freddo e, presa dall’angoscia che le succedesse qualcosa, incominciò a urlare e a correre qua e là fino a sbattere la testa contro un albero e svenire.
Alla mattina, quando si svegliò vide un elfo e una fata curarle la ferita.
“Ciao Huan, io sono Jien, il saggio elfo e la fata si chiama Lin. Sappiamo cos’è successo nel tuo mondo per quello noi ti abbiamo chiamata. Devi aiutarci. Noi siamo i custodi dei due mondi, gli unici a chiamare le persone dal vostro mondo. Il problema è grave…spero che tu ci aiuti.
Modron è stata una grande sacerdotessa, usava la sua magia per il bene, senza di lei non ci sarebbe stato un equilibrio di pace tra i due mondi. Sua madre era Madre Natura. Lei vi ha creati, ma voi l’avete distrutta. Modron era molto legata a lei come ogni figlio alla madre così, al suo funerale, giurò vendetta contro gli esseri umani. Nel novembre del 2019 si recò nell’isola della vita per prendere un calice magico, lo riempì con il sangue di alcune persone con altre malattie e ne formò una nuova, il Covid-19. Lo fece per l’odio contro di voi …ed è per questo che molti dei tuoi simili stanno morendo. Io e Lin ti abbiamo chiamata perché sei stata una delle poche persone che ci ha ascoltati. Dobbiamo riportare la pace o tutto finirà, non ci sarà più niente” disse il saggio elfo alla povera ragazza. 
Huan entusiasta di vivere un’avventura così grande ed importante, anche se al tempo stesso pericolosa, accettò di aiutare i suoi due nuovi amici. Il momento dei racconti finì quando le guardie della regina Modron arrivarono nel bosco per controllare che non ci fossero intrusi.
Tutti e tre incominciarono a correre come fuggitivi verso qualche nascondiglio, fino a quando Lin, con la sua magia, fece apparire tre unicorni per poter scappare più velocemente e non essere catturati. Si ritrovarono così al riparo, nel cuore di un albero secolare. Mentre cenavano, la fata disse: “Dopo lunghi anni di addestramento, mio padre mi avvertì che, se tutto fosse andato male, quasi come perduto, avremmo dovuto recarci al castello del principe caduto. Qui c’è una mappa, ma il vero problema è che nessuno sa dove si trovi e la mappa si ferma in un punto”. Huan aggiunse: “Domani mattina partiremo e lo troveremo, a tutti i costi!”.
All’alba i tre avventurieri erano pronti a dirigersi al castello. Seguirono la mappa e si fermarono davanti a una grotta chiusa da lunghe file di liane, non volevano entrarci perché la grotta era buia, ma si fecero coraggio. Il percorso finiva in una cascata, nel momento in cui si stavano per girare, Lin oltrepassò, come per magia, la cascata e scovò il castello, così anche Huan e l’elfo la seguirono. Appena arrivati, entrarono a cercare il principe, ma non c’era nessuno. Huan si spinse fino alla fine della torre e, nella sala del trono trovò finalmente il principe. “E’ da tanto tempo che ti aspetto, cara dolce Huan, so perché sei qui, io ti aiuterò. Ormai sono anziano, ma ho sempre conservato questa boccia, tienila, rompila solo quando ne avrai bisogno ti indicherà la strada da prendere.”
Appena il vecchio principe ebbe finito di pronunciare le sue parole, la ragazza stupita prese la boccia. “Però anch’io ho bisogno di un favore, è da anni che sono seduto su questo trono, sono ormai molto anziano e solo. Quando arriverai al castello di Modron prendi il bracciale della morte e portamelo”, aggiunse il principe e la ragazza gli diede la sua parola. Huan disse subito tutto a Jien e Lin.
Per la notte si accamparono dentro il castello in modo da non essere visti. Huan non riusciva a dormire quindi rimase lei di guardia, quando all’improvviso sentì qualcosa, erano cavalieri. Avevano scoperto dove erano; appena poté svegliò l’elfo e la fata, ma non fecero in tempo a scappare perché vennero catturati dai soldati di Modron.
Furono legati ai cavalli e percorsero tutta la strada a piedi, come schiavi. Furono direttamente condotti dalla regina, che, crudele come era, non ci pensò due volte a mandarli in esilio.
Huan pensava che fosse giunta la sua fine. Appena portata in prigione, sotto la paglia intravide una lama di luce, era il riflesso di uno specchio. Lo prese. In esso riuscì a vedere suo nonno, molto malato, che senza sosta cercava sua nipote; poi, l’uomo si inginocchiò e, piangendo, pregò Dio di ritrovare la piccola Huan.
Dopo questa scena, in preda al dolore e allo sconforto, Huan buttò a terra la boccia, ma nel riflesso dell’acqua vide Madre Natura che le disse: “Cara piccola bambina, non piangere, andrà tutto bene, tutto finirà. Io credo in te, non avevo insegnato a mia figlia a fare del male, mi dispiace non volevo che tutto questo accadesse. Tieni, prendi questa chiave, liberati e libera i tuoi amici, le guardie alle due di notte chiudono le porte e vanno a casa e questa chiave magica entra in tutte le serrature. Appena vedrai che la luna sarà piena, esci, vai alla sala del trono, prendi il calice e svuotalo. Fai attenzione! Modron ha poteri molto grandi, è una sacerdotessa, avverte la presenza di tutti, anche se quel qualcuno è invisibile, ma soprattutto tiene sott’occhio il calice, quindi devi essere molto veloce. Un’ultima cosa: dai questa collana a Modron per favore.”
Huan ascoltò con attenzione Madre Natura; così, appena scorse la luna piena, aprì le porte, liberò i suoi amici e con molta cautela andò alla sala del trono. Vide il calice pieno di sangue e nel momento stesso in cui stava per prenderlo, Modron lanciò in aria lei e i suoi due amici. “Bene, bene, bene, chi abbiamo qui? Vi siete cacciati in un bel guaio, pagherete per questo.”
Mentre pronunciava le parole dell’incantesimo, Huan le fece vedere la collana, era dorata, con foglie intarsiate e leggera: “Questa” mentre la ragazza pronunciava le parole con il fiatone “Questa, me l’ha data tua madre”. La regina, sbalordita, rimase alcuni minuti a guardarla ripensando a tutti i momenti di gioia vissuti con la madre e Huan aggiunse “So quello che voi state vivendo, mia regina, vi capisco, io…io vivo con mio nonno, i miei genitori sono sempre lontani per lavoro, so quanto vi manca. Vostra madre mi ha detto che non ha mai voluto che sua figlia diventasse così, desiderava che facesse del bene”. La regina prese subito la collana. “Potete esprimere un desiderio, questo è l’ultimo regalo di vostra madre.” Modron, che provava molta nostalgia della madre, decise di andare da lei e con le lacrime di gioia disse: “Voglio ritornare da mia madre”; la regina, prima di scomparire, ringraziò la ragazza e cambiò vita.
Huan subito andò a rovesciare il calice e cercò in qualche modo, con delle erbe, di aiutare i suoi amici, come le aveva insegnato Lin. Jien, mentre Huan lo stava curando, disse: “Hai portato la pace, brava, ce l’abbiamo fatta, ce l’hai fatta, ora non c’è più nessuno che ci comandi, siamo liberi finalmente, grazie Huan verrai per sempre ricordata. Ora puoi tornare a casa e potrai venirci a visitare quando vuoi”.
La ragazza lo interruppe: “No, aspettate, devo fare un’altra cosa”. Andò nella camera della regina e prese il bracciale della morte, si recò al castello del principe caduto e glielo diede mentre l’anima del principe andava nel regno dei morti, egli disse: “Grazie, ragazza d’oro.” La ragazza così ritornò nel suo mondo promettendo alle creature della natura di ritornare. “Huan, per ritornare utilizza questa collana, dovrai dire ‘trasportami nel mondo della natura’ ogni volta che vorrai venire da noi” disse Jien prima che partisse.
Appena arrivata a casa, la prima cosa che Huan fece fu andare ad abbracciare forte suo nonno; rimasero così per alcuni minuti, il nonno era felice e commosso, nel frattempo Huan gli raccontò tutto. Non poté fare niente per le persone morte, ma almeno tutte le altre contagiate ancora vive guarirono.
Il virus scomparve per sempre, per merito della piccola Huan e del suo straordinario coraggio.

Raccontiamoci una storia - I RACCONTI

GIANFRANCO E IL SUO SOGNO di Gabriele e Luca - 1'D

C’era una volta un ragazzo di nome Gianfranco. Era il Figlio di Beppe, Re che governava il Peloponneso. Gianfranco voleva diventare un cavaliere famoso e forte però era molto gracile e non aveva le doti per diventare famoso. Ogni notte lui sognava di diventare forte e robusto.
Un giorno decise di andare a prendere una pozione magica nella foresta nera, lì si trovava un mercante incappucciato che gli avrebbe fornito la pozione magica ovvero lo avrebbe trasformato in un gigante. Quanto lo incontrò questi non gli rivelò la sua identità, ma gli promise che gli avrebbe fornito la pozione di cui aveva bisogno. Il mercante in cambio disse che non aveva gli ingredienti adatti quindi mandò il ragazzo a cercarli. I tre ingredienti erano una mela d’oro, del succo d’uva e infine l’acqua della sorgente dell’Olimpo. Per andare a recuperare la mela d’oro, prese un carro guidato da tre cavalli bianchi e si recò a Sparta, nel frutteto di Prim, il Dio della fertilità. Il percorso per giungere a Sparta era difficile: la prima difficoltà era superare il bosco incantato all’interno del quale c’erano piante carnivore che mangiavano chi lo attraversava. Successivamente avrebbe dovuto superare la catena montuosa “Pericolo”, chiamata così perché a ogni minimo rumore un pezzo della montagna franava. L’ultimo ostacolo che doveva superare era il “Sea of lava”.
Arrivato alla foresta nera tirò fuori la spada per tagliare le piante, ma esse rubarono la spada a Gianfranco. Gianfranco allora disarmato si mise al riparo dietro a dei sassi. Per distrarre le piante lanciò il suo pranzo alle piante carnivore. Mentre le piante erano distratte, lui scappò e dopo aver superato questa prova la strada della montagna cominciò a essere in salita; in quel momento capì che stava arrivando alla catena montuosa chiamata “Pericolo”. Gianfranco slegò quindi i cavalli per evitare di far rumore. In quel momento franarono dei sassi e Gianfranco corse in una grotta per ripararsi. Dopo qualche secondo, si accorse che era rimasto bloccato nella grotta. In quel buco buio e umido scorse un raggio di luce proveniente da una piccola fessura. Per uscire dalla grotta doveva però spostare molti massi: cominciò a spostare quelli più piccoli che erano in alto in modo da usarli come appoggio per salire e passare attraverso il buco. Dopo che riuscì a passare scoprì delle scale che portavano all’apice della montagna. Gianfranco cominciò a salire le scale, ma mentre saliva sembrava che aumentassero sempre di più… allora si fermò a pensare cosa fare. Gli venne in mente quando i suoi genitori, prima di andare a letto, gli raccontavano la favola della buona notte: si ricordò che gli raccontavano la storia di un cavaliere che superava anche lui queste scale e per andare in alto bisognava guardare in basso. In questo modo le scale andavano verso il basso e non più verso l’alto. A un certo punto Gianfranco vide due cavalli, poco dopo si ricordò che erano i suoi che erano venuti a prenderlo per salvarlo. In poco tempo Gianfranco arrivò in basso alla montagna e arrivò al Sea of lava. Il più grosso pericolo era superare il mare di lava: infatti chi ci andava sopra, si bruciava per l’elevata temperatura. Allora pensò di aggirare il mare e subito notò un ponte di diamante. Gianfranco vide un enorme cartello con scritto “Se vuoi attraversare il ponte, prima dovrai fare un passo verso quella cosa che vedi a fatica… ma non puoi toccare”. Gianfranco allora si sedette a pensare cosa potesse essere, pensò la prima volta alla lava che era sotto di lui ma il ponte non comparì, infatti la sua risposta era sbagliata, pensò allora al sole, e così capì tutto. Dopo la sua risposta giusta attraversò il mare di lava e intravedeva già l’arrivo dove c'era il frutteto per raccogliere la mela d’oro. Arrivato alla sua destinazione, vide la mela d’oro, si avvicinò alla pianta e prese la mela che non era controllata da nessuno. Subito arrivarono i suoi cavalli che lo portarono in salvo all'inizio della montagna.
Gianfranco allora diventò famoso per aver preso la mela e quando ritornò a casa venne accolto come un eroe perché aveva rubato il simbolo della città di Sparta. Da quella volta Gianfranco diventò famoso e forte (così chiamato dai civili della città) e venne anche arruolato nell'esercito della città. Diventò molto felice perché riuscì a compiere il suo sogno. L’uomo incappucciato si rivelò essere suo padre che voleva aiutare suo figlio ad entrare nell’esercito e realizzare il suo sogno.

Raccontiamoci una storia - I RACCONTi

TIZIANO E LA PIETRA MAGICA di Giorgio e Andrea, 1'B

C’era una volta un ragazzo di nome Tiziano che viveva nel regno di Mendamillo. Suo padre era un grande cavaliere che aveva sempre aiutato il re nei momenti di difficoltà, tanto che il re lo considerava come un fratello. Il ragazzo invece aveva fatto amicizia con gli animali del bosco. Il regno era molto conosciuto perché custodiva una pietra magica: la pietra dell’immortalità.
Il popolo vicino, il regno di Nutellonzia, era sempre stato invidioso di questa pietra e riteneva che gli abitanti di Mendamillo non fossero “degni” di essa. Un giorno arrivarono dei messaggeri del popolo di Nutellonzia e annunciarono queste parole: “Sua maestà Burlonio vi sfida ad una battaglia per aggiudicarsi la pietra”. Ma il re non intendeva gareggiare: “Non metto in pericolo la pietra, poiché finirebbe nelle mani sbagliate”.
Passarono i giorni ed il re continuava a ricevere lo stesso messaggio, lui però continuava a rifiutare così il re Burlonio prese la seguente decisione: “Se lui non accetta la proposta, troverò un modo per fargliela accettare: manderò alcuni soldati a distruggere i suoi magazzini”. E così fu. La stessa notte alcuni soldati si infiltrarono nel regno e distrussero i magazzini come preannunciato. Il giorno seguente arrivò in tutta fretta il capo delle guardie raccontando dell’accaduto: “Mio signore qualcuno ha distrutto i magazzini, saranno sicuramente stati quelli del regno di Nutellonzia, inoltre hanno lasciato questo biglietto che dice che se non accetta la sfida distruggeranno il villaggio”. Il re disse: “Mettete al sicuro il popolo e manda il tuo esercito ai confini per proteggere la patria, io invece resterò qui a proteggere la pietra”. “Posso affidarle mio figlio mentre svolgo questo compito?”, chiese il cavaliere. “Farei di tutto per un amico”, rispose il re.
Così la mattina seguente l’esercito di Mendamillo si posizionò ai confini del regno, per proteggerli. Però, qualche giorno dopo, arrivò il padre di Tiziano esclamando “Il nostro esercito è stato battuto, sta venendo qui Burlonio per prendere la pietra, scappate!”. “No, noi resteremo qui mentre tuo figlio scapperà con la pietra”. “Non preoccuparti andrà tutto bene”, disse il ragazzo e scappò via con la pietra nel bosco. Ma alcuni soldati lo videro ed incuriositi iniziarono ad osservarlo; quando capirono che nascondeva la pietra lo inseguirono. Mentre correva, il ragazzino inciampò sulla pietra e i soldati lo raggiunsero: “Scommetto che verremo pagati profumatamente”. Ma all’improvviso sbucò da un cespuglio uno lupo, si fermò a fissarli per un attimo e poi attaccò i soldati. Questi, presi da un grande timore, scapparono via: “Seguimi, ti porterò al sicuro”, disse il lupo al ragazzo e questo lo seguì. Arrivarono in una grotta e il lupo gli disse: “Rifugiamoci qua, staremo al sicuro”. Entrati, il ragazzo chiese: “Perché mi hai aiutato?”. Quello gli rispose: “È il minimo dopo tutto quello che hai fatto per noi in questi anni. Perché i soldati ti stavano inseguendo?”. Allora il ragazzo raccontò tutta la sua storia e di come era scappato con la pietra. Il lupo gli disse: “Capisco… se vuoi ti posso dare una mano, conosco un amico al di là di quei monti che custodisce un uovo di drago, se vuoi ti posso accompagnare”. Tiziano gli rispose: “Grazie. Tu sai come si fa ad attivare la pietra?”. Il lupo gli rispose: “La pietra può essere attivata solo dal prescelto, però si pensa che il prescelto non arriverà mai, soprattutto in questi momenti bui. Ora riposiamo perché domani dovremmo partire presto”.
La mattina seguente i due partirono all'alba. Ci vollero tre giorni e tre notti per arrivare alla montagna ma, arrivati in fondo alla caverna, trovarono soltanto un muro. Tiziano disse: “Ma com’è possibile!?? Tutta questa strada per vedere una caverna”. Il lupo gli disse: “Solo che risolve l’indovinello può accedere al tempio”. Dopodichè sentirono una voce cupa e misteriosa: “Ecco l’indovinello”, disse il lupo. La voce proclamò: “Con il fuoco si fa e con il fuoco finisce, che cos’è? La risposta sta sui muri”. Tiziano disse: “Sui muri?”. Passò del tempo e i due non trovarono niente, fino a quando videro delle incisioni sui muri. Tiziano disse: “E queste cosa sono? Vieni qui a vedere”. Il lupo si avvicinò e aggiunse: “La risposta sta sui muri… Magari dobbiamo capire quale materiale sono fatti”. Tiziano aggiunse: “Ma queste immagini sono fatte col carbone, la risposta è carbone!”. Detto questo si aprì un varco e il lupo e Tiziano entrarono.
Appena entrati videro un tempio di smeraldo con al centro un vecchio che si appoggiava ad un bastone: “Chi siete voi giovani avventurieri?”. “Io sono Tiziano e lui è il mio amico lupo, siamo qui per l’uovo di drago”. “Devo farvi i complimenti poiché nessuno era mai riuscito a entrare in questo luogo magico, ma se volete l’uovo di drago dovrete aiutarmi a trovare la Xiloferna, ma fate attenzione”. “Ma che pianta è?”, chiese Tiziano. “La Xiloferna è una pianta curativa posta sulla cima di questa montagna, ma questa pianta può scomparire di tanto in tanto”. “Bene, partiremo domani mattina ma adesso riposiamoci”.
La mattina seguente i tre partirono e dopo una lunga camminata arrivarono sulla cima della montagna: “Che bella vista, si vede tutto da qui! Bene dove si trova la pianta?”. “Il vecchio ha detto che è bianca con le foglie dorate, ah guarda eccola”: ma non appena Tiziano la ebbe raccolta quella scomparve. “Cosa!? Com’è possibile!?”. “Non ti ricordi? Questa pianta può scomparire di tanto in tanto”. “E allora noi come facciamo a prenderla?!”. “Mi è venuta un'idea!”, disse il lupo, “potremo prendere il maggior numero di Xiloferne in modo tale che ne rimanga solamente una e così non possa più scomparire”. E Tiziano gli rispose “Ottima idea, proviamo”. E così i due raccolsero il maggior numero di piante e dopo vari tentativi riuscirono a coglierne una e la portarono al vecchio: “Vi faccio ancora i miei complimenti, avete dimostrato una grande intelligenza nell’eseguire questo compito e vi donerò sia l’uovo di drago sia la pianta”. “Grazie mille per questi doni”. “Sbrigati, ti ricordo che abbiamo un regno da salvare”. “Ah sì giusto, me n’ero quasi dimenticato”. E così i due si avviarono per ritornare al regno e sconfiggere il re Burlonio.
Dopo un lungo cammino intravidero la torre più alta del castello, Tiziano disse: “Guarda, siamo quasi arrivati, ancora un po’ e saremo lì”. Il lupo rispose: “No, è troppo pericoloso. Per questa notte ci accamperemo sotto quella quercia, accendi un fuoco e posa l’uovo lì vicino in modo tale che rimanga al caldo”. “Ok”. Così Tiziano avvolse l’uovo in alcune foglie e dopo un istante si addormentò con esso. La mattina seguente, quando si alzò, vide l’uovo rotto e si spaventò, poi urlando chiese al lupo: “Come mai l’uovo è rotto?!”, si voltò e vide il lupo che giocava con una strana creatura: il corpo era lungo come il lupo e le sue ali erano ampie come la metà del suo corpo. Aveva una testa con due piccole corna biancastre in cima, la coda era piena di aculei e i suoi occhi erano di un azzurro celeste. La creatura aveva un’aria giocosa e dignitosa: “Quand’è che è nato?”, chiese Tiziano stupito. “Durante la notte, mentre stavo facendo la guardia accidentalmente ho tirato un calcio all’uovo e si è formata una crepa. Spaventato ho provato a svegliarti raccontandoti dell’accaduto ma appena mi sono girato ho visto l’uovo frantumato e c’era una piccola creatura che stava contemplando la luna, così mi sono avvicinato lentamente, ma ho fatto un passo falso poiché non appena mi ha visto ha iniziato a girarmi intorno, io pensando che stesse per attaccare, gli ho ringhiato contro, ma questo al posto di aggredirmi mi è saltato addosso, leccandomi la faccia. Dopo un po’ l’animale si è stancato e si è addormentato mio dorso, e così dopo questo strano evento sono riusciti a chiudere occhio anch’io”. “Ed eccoci qui a badare ad un drago”. “Ma cosa ne facciamo noi di un drago appena nato? Non penso che ci servirà molto”. Ma non appena i due si girarono a controllare il drago videro che questo era diventato già il doppio del lupo: “Ma è favoloso!”, disse Tiziano, “ora non dovremo più preoccuparci”.
Così si rimisero in cammino verso il regno di Mendamillo e intanto il drago cresceva, arrivati alla porta terziaria delle mura per farsi vedere il meno possibile, videro delle guardie ed i due si nascosero mentre il drago rimase un po’ indietro: “Allora, come facciamo ad entrare?”. “Uno di noi due dovrà fare da esca mostrando la pietra in modo tale che le guardie lo vedano e lo inseguano e così potremo entrare”. “Bene, chi farà l’esca?”. Il lupo gli rispose: “Tu, ovviamente! Perché se tu che ti sei fatto beccare con la pietra! E poi io sono un lupo, i lupi vivono nei boschi”.
Tiziano disse: “Va bene... ho capito, farò io da esca”. Allora uscì allo scoperto e urlò: “Ciao ‘beli’! Guardate che cos’ho qua, una bellissima pietra, chissà a cosa serve? La volete?”. Le guardie appena videro quell’oggetto si meravigliarono e dissero al ragazzo: “Come l’hai ottenuta? Tu non sai il potere che hai in mano, per favore daccela e nessuno si farà male”. Ma Tiziano rispose: “In realtà io mi preoccuperei per voi” e dall’alto piombarono il drago e il lupo, che schiacciarono i due: “Ve l’avevo detto io di stare attenti”. Così Tiziano prese i vestiti delle guardie e finse che il lupo fosse un animale da caccia, infine presero una catena nelle vicinanze e incatenarono il drago perché speravano che se li avessero mandati nei sotterranei avrebbero trovato il re, la regina ed il padre di Tiziano.
Arrivati al cospetto di Burlonio disse: “Mio padrone, mentre stavo di guardia ho trovato e catturato questo drago, potrei portarlo nei sotterranei? Mi potrebbe dire dove sono collocati?”. Appena Burlonio gli rispose e si voltò vide che il drago era di nuovo cresciuto. Burlonio disse: “Curioso quel drago!”. Non appena entrarono nei sotterranei liberarono il drago, Tiziano si tolse il vestito da guardia e cercarono la cella dove erano rinchiusi il re, la regina e suo padre. Appena ebbero trovato la cella, Tiziano urlò: “State indietro perché fonderemo le sbarre”. Il drago sputò fuoco sulle sbarre ed esse si sciolsero. Il padre di Tiziano corse ad abbracciare il figlio, mentre il re e la regina corsero a cercare le chiavi per aprire le altre celle che rinchiudevano gli abitanti di Mendamillo, poi tutti salirono le scale ed attaccarono le guardie. Invece il re, Tiziano, suo padre, il lupo ed il drago andarono direttamente da Burlonio.
Purtroppo, Burlonio sapeva già dell'accaduto e li stava aspettando: “Sei stato intelligente Tiziano, non mi aspettavo che riuscissi a fare così tanto”.  “Come fai a sapere il mio nome?”. “Qualcuno me l’ha detto” e indicò la regina, che disse: “Sono stata costretta a rivelargli tutto”. Poi Burlonio disse: “Bene, ora catturateli” e i soldati lanciarono delle frecce contro il drago e quello cacciò un urlo di dolore, poi li rinchiusero nei sotterranei. Tiziano cercò di avvicinarsi al drago per curarlo con la Xiloferna ma i soldati se ne accorsero e li separarono, ma quando le guardie furono uscite il lupo riuscì a passare oltre le sbarre e prese il mazzo di chiavi, ritornò nella cella e le diede a Tiziano che a sua volta aprì tutte le celle. Poi prese l’erba e la fece mangiare al drago e quello si riprese. Contemporaneamente Burlonio stava cercando di attivare il potere della pietra: “È impossibile attivarla! Questa pietra è difettosa!”. “Solamente il prescelto è degno di attivarla”, disse Tiziano, sbucando fuori con i suoi amici. Burlonio urlò: “Come avete fatto ad uscire!? Prendeteli!”. Ma il drago prese i soldati e li lanciò giù dal castello, poi sferrò un colpo di coda e fece volare la pietra in mano di Tiziano. Non appena la pietra fu in mano a Tiziano, egli provò come un’esplosione dentro di sé: era il potere della pietra. Egli sentì la voce di sua madre che lo rassicurava: “Stai tranquillo, andrà tutto bene, fidati di te stesso!”. In quel momento Tiziano emise un raggio di luce che colpì il castello e Burlonio. Per un istante non si vide nulla, poi quando finalmente tutti tornarono a vedere, notarono che Burlonio e Tiziano erano scomparsi e che il castello stava crollando: “Che cosa è successo? Dove sono finiti Tiziano e Burlonio?”, chiese il lupo. “Forse sono già usciti” disse il drago. “Sì ma se tra poco non usciremo anche noi, saranno guai seri” disse il re.
In realtà Tiziano e Burlonio erano finiti in un’altra dimensione Tiziano disse: “Dove siamo?”. “Non lo so. Non è che siamo morti?” disse Burlonio spaventato. “Ho un’idea: potremmo usare la pietra per tentare di tornare nel nostro mondo”. Tiziano si mise a cercare la pietra e quando l’ebbe trovata disse: “Eccola, vieni, la toccheremo insieme”. “Ma tu vuoi aiutarmi dopo quello che ho fatto a te e al tuo popolo?”, chiese Burlonio incredulo. “Sì, ovvio”. Così Tiziano e Burlonio posarono contemporaneamente la mano sulla pietra e tornarono nel loro mondo. Quando furono arrivati Tiziano venne accolto da tutti con gioia, mentre Burlonio fu catturato dalle guardie e rinchiuso nei sotterranei a scontare la sua pena. Qualche mese dopo era tornato tutto normale ed era come se non fosse accaduto niente: la pietra era tornata al suo posto, i due popoli nemici si erano uniti in un unico popolo e Tiziano era diventato il principe del nuovo regno di Mendalonzia, così vissero tutti felici e contenti.