Piacere, sono Timur. Ho quattordici anni e vivo in un villaggio del Kazakistan settentrionale, insieme alla mia famiglia: papà, mamma, due fratelli e due gatti. Sono un tipo qualunque, nulla di eccezionale, ma nel giro di poche ore mi è capitato qualcosa che vi voglio raccontare perché potrebbe aver cambiato la vita di ciascuno di voi.
Correva l’anno 2020, febbraio, una giornata anonima, come le altre. Noi figli a scuola, i genitori al lavoro, traffico intenso sulle strade, fabbriche in frenetica attività. Tutti fuori, ognuno impegnato a fare qualcosa. Rincasiamo in momenti diversi, ora che ci ritroviamo tutti è già buio. Televisione, computer, tablet, smartphone, casse… tutto acceso. C’è molta confusione: le voci, i suoni, i rumori, le notizie, le canzoni si sovrappongono in un cluster incomprensibile. Nessuno ascolta, nessuno di noi dice una parola. A un certo punto uno scoppio, il nero totale, il silenzio, dentro e fuori casa. Chi mi sta intorno cade in un sonno improvviso, solo io rimango cosciente. Mi si presenta una luce color bordeaux che avvolge un essere informe, viscido, il quale, con voce aggressiva, a tratti sussurrata, mi comunica che ha preso possesso del pianeta Terra e di tutti i suoi abitanti. «Da ora in poi comando io! Sono padrone di terre, acque, esseri viventi, di tutto. Ho tolto agli umani la possibilità di comunicare tra loro e ho iniettato nel sangue di ciascuno dosi massicce di indifferenza, di egoismo e di invidia. Non osate più uscire dalle vostre case perché, per ognuno che metterà piede fuori, riverserò un secchio d’acqua negli oceani, nei mari, nei fiumi, nei laghi, in tutti gli specchi e i corsi d’acqua. Morirete sommersi, se non mi obbedite, e con voi spariranno le terre, una volta per tutte!». Ecco, questo mi ha detto. Ma perché proprio a me? Perché solo io avrei dovuto conoscere queste terribili intenzioni? Cosa fare?
Mi addormento con questi dubbi e, la mattina dopo, la giornata ricomincia come al solito: scuola, pranzo, sport, compiti, attività al centro civico, traffico, code, negozi pieni, ristoranti affollati, cinema, tutto come prima. Mi accorgo, però, che le persone sembrano più litigiose: urlano, si arrabbiano per niente, si spintonano… Non che non lo facessero anche prima, ma oggi in maniera esagerata. Ripenso all’essere informe. E se fosse tutto vero? Se la mia non fosse stata solo immaginazione? Decido di partire per un giro di ricognizione, insieme ai miei due gatti, alla talpa del mio giardino, al corvo che becca i tozzi di pane avanzato e al pesce rosso della fontana del mio vicino. Intanto le televisioni, a reti unificate, annunciano alla popolazione l’obbligo di stare in casa, di non uscire per nessuna ragione. Non danno spiegazioni, ordinano e basta. Insieme ai miei amici animali, vedo persone che passeggiano guardando le vetrine dei negozi, gruppi di ragazzi che giocano nel campetto vicino alla chiesa, automobilisti che sfrecciano lungo le strade facendo perdere l’equilibrio a coloro che si spostano in bicicletta o in scooter, aerei che rigano il cielo, famiglie che fanno gite in barca sul mar Caspio, pescatori in cerca di trote sul fiume Ural. Per ogni persona fuori casa, il livello dell’acqua aumenta davvero… il famoso secchio riversato dall’essere informe! Aiuto! Che paura! Devo fare qualcosa! Inizio a correre gridando a gran voce che siamo tutti vittime di un sortilegio, che dobbiamo stare in casa, altrimenti le acque ci sommergeranno in breve tempo. Incarico la talpa di dare notizia agli esseri che vivono sottoterra, il corvo di avvisare tutti quelli che volano, il pesce rosso deve passare a setaccio dapprima le acque dolci, dopodiché, grazie a una particolare maschera salina, si può gettare anche in mare e negli oceani, i miei due gatti, molto agili, si arrampicano in luoghi per me impervi. Insomma, ci diamo un gran da fare per diffondere la terribile notizia e spiegare che è importante che tutti seguano le limitazioni comunicate attraverso le televisioni. Purtroppo, le dosi di indifferenza, egoismo, invidia, iniettate nelle vene degli esseri viventi non ci hanno permesso di farci ascoltare dalla popolazione. Ognuno rivendicava il diritto di essere libero, di potersi muovere e spostare a proprio piacimento, ognuno pensava a se stesso guardando con invidia chi aveva più di lui, nessuno pensava al pericolo che correva l’intera umanità. Dicevano: «Che mi importa dell’innalzamento degli oceani? Io vivo nell’entroterra, che si preoccupino quelli che abitano sulle coste!» oppure «Non siamo sotto una dittatura, non possono costringerci in casa! Chi dà queste informazioni assurde? Ci vogliono controllare e manipolare? Io sono libero e faccio quello che voglio!». Queste erano le risposte, a nulla serviva il nostro impegno, ormai ognuno pensava per sé e non si fidava dell’altro. L’opera di divisione, di isolamento, di cattiveria reciproca, voluta dall’essere informe, sembrava avere successo. Intanto il livello delle acque continuava a crescere. Tutto era pronto affinché questo essere maligno potesse prendere il comando definitivo del nostro pianeta. Bisognava fermarlo. Ma come? Ormai l’indifferenza più totale aveva pervaso gli animi: le persone continuavano a uscire, a svolgere la loro vita di sempre e le acque stavano prendendo il posto delle terre. Possibile che nessuno si accorgesse, che nessuno si preoccupasse, che nessuno vedesse il pericolo incombente di estinzione? Erano tutti così terribilmente egocentrici, anche i miei genitori e i miei fratelli, la rabbia aveva invaso anche la nostra casa. A un certo punto vedo arrivare i miei amici animali con delle sorprese: il pesciolino rosso porta in cucina delle conchiglie, con le quali prepara degli ottimi spaghetti al sapore di mare, il corvo abbellisce i capelli di mia mamma intrecciandoli con un ramoscello fiorito, la talpa ribalta le zolle di terra e prepara il nostro giardino ormai distrutto per una nuova semina, i due gatti fanno divertire i miei fratelli con sonagli e legnetti. Tra di noi si comincia a respirare un’aria più serena, allegra. I gesti compiuti da quei piccoli animali ci hanno donato sollievo, sono ripresi i sorrisi, gli sguardi complici e divertiti. «Allora si può!» - ho pensato. «Per un periodo, finché non sconfiggeremo l’essere informe, possiamo riuscire a non spostarci da casa, evitando di fare innalzare il livello delle acque. Basta organizzarsi e rispettare le regole». I miei piccoli amici, col loro esempio, mi avevano dato un’idea che si sarebbe rivelata vincente: il male si può sconfiggere solo con il bene, questo è l’antidoto! Si trattava di osteggiare l’egoismo, l’indifferenza, l’invidia che ormai erano prevalenti nel nostro mondo con l’altruismo, la generosità, la partecipazione, l’interessamento e la solidarietà. Bisognava organizzare un modello di soccorso reciproco tra le persone, in modo che potessero rimanere il più possibile nelle loro abitazioni e che gli spostamenti fossero limitati a pochi. In questo modo le acque non sarebbero straripate e il piano dell’essere informe poteva essere annientato. Con l’aiuto dei miei amici animali e della mia famiglia, finalmente riconquistata, ho iniziato a portare i generi di prima necessità agli abitanti del mio villaggio, i medicinali agli ammalati, i momenti di gioco per i più piccoli. Un po’ per volta anche i vicini di casa e gli altri concittadini hanno seguito il nostro esempio. Così qualcuno si occupava della spesa per tutti, qualcuno delle cure, qualcuno dello svago, altri dell’istruzione. Ognuno dedicava il proprio tempo al prossimo, gli spostamenti si sono ridotti al minimo, solo per necessità, di conseguenza venivano versati sempre meno secchi d’acqua nei fiumi, nei laghi e nei mari. Questo modello di società solidale si è diffuso per tutto il Kazakistan, poi nell’Asia, in Europa fino a raggiungere tutti i continenti. Col passare dei mesi la situazione si è stabilizzata, il pericolo inondazione è stato scongiurato. Ormai gli esseri viventi non erano più sopraffatti dall’egoismo, dall’odio, dalla cattiveria: avevano imparato il valore del bene, il piacere di dedicarsi agli altri, la pienezza che deriva dal donare e dall’agire gratuito, avevano imparato a collaborare, a seguire le regole nel rispetto di tutti. In questo clima di azioni e sentimenti benevoli l’essere informe non ha più trovato terreno fertile per attuare il suo piano.
Non so dirvi che fine abbia fatto. Posso solo immaginare che quella sua luce inquietante, bordeaux, si sia tramutata nei colori accesi dell’arcobaleno. L‘arcobaleno che compare, illuminato dal sole, dopo la tempesta, disegnando un ponte di speranza nel cielo. L’arcobaleno che vedo in questo momento: sembra voler riconciliare la terra con lo spazio infinito, i sentimenti buoni di ciascuno con il Bene assoluto.
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